Notte di Natale 2024

Poche ore fa papa Francesco, aprendo la Porta Santa della Basilica pontificia di S. Pietro, ha inaugurato l’Anno Santo, l’Anno Giubilare. Per tempo il Papa ci ha informato che il massaggio centrale del Giubileo è la speranza, nei confronti della quale siamo tutti “pellegrini”. Il Papa ha anche chiarito che la speranza cui fa riferimento, non  è una qualsiasi speranza, né una speranza fragile, silente, ma quella “speranza che non delude”, che prende l’iniziativa, perché la nostra vita è stata raggiunta dall’amore di Dio, come scrive l’apostolo Paolo ai cristiani  di Roma: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

L’amore che Dio ha per noi, che ha raggiunto la nostra vita senza alcun risparmio (“è stato riversato”) non è un sentimento “liquido” e fragile, come sono spesso i nostri amori, quelli che dichiariamo con troppa fretta e con altrettanto fretta sconfessiamo, perché l’amore che Dio ha per noi assume un volto, si esprime in una storia, il volto e la storia di suo Figlio tra di noi, Gesù; un volto e una storia che ci rassicurano per come si sono manifestati ai nostri occhi, tanto da indicarci Gesù, il Figlio di Dio che ha condiviso la nostra vicenda umana, come speranza affidabile, per la nostra vita, per i nostri amori, per le nostre speranze.

La liturgia del Natale ci rivela che questo è accaduto già alla sua nascita, avvenuta in piena emergenza sanitaria per Gesù e sua madre («Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del paro. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7).

Basta scorrere i testi della Messa della notte per constatare la portata di questa nascita. Il profeta Isaia nella prima Lettura (Is 9,1-6) parla di una grande luce che illumina gli abitanti della terra avvolta dalle tenebre. Parla poi di una “gioia moltiplicata” per l’intervento liberante di un Salvatore («Tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva»). Parla infine un bambino, riconosciuto come “Consigliere mirabile, Dio potente, padre per sempre, Principe della pace”, che porta “sulle spalle il potere”, esercitato promuovendo la pace, “consolidando e rafforzando il suo regno con il diritto e la giustizia”.

Nel vangelo (Lc 2,1-14) l’angelo svelerà l’identità e il compito di questo bambino ai pastori che vegliavano il loro gregge nella notte della campagna di Betlemme: “Cristo Signore, Salvatore”, indicando l’insolito luogo dove l’avrebbero trovato, “avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia”.

Il testo del profeta Isaia trova un drammatico riscontro nel tempo che stiamo vivendo: il mondo che abitiamo, la terra che ci ospita, sono diventatati “tenebrosi”; ci sentiamo avvolti dalle tenebre della violenza dei potenti che “giocano” alla guerra, che senza alcun scrupolo dispongono della vita delle persone compresi i bambini, dell’intolleranza che aggredisce e avvelena le nostre relazioni, dell’iniqua distribuzione dei beni necessari per un’esistenza sicura e dignitosa.

Il rischio che corriamo di fronte ai testi della liturgia è di considerarli come le “fiabe”, rassicuranti perché hanno sempre un lieto fine che raccontiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti. Il rischio lo possiamo evitare se riconosciamo in questi testi che cosa Dio vuole realizzare per noi, come vuole agire nella storia degli uomini, anche in quella di questi tempi che appare “avvolta nelle tenebre”. Noi sappiamo che il Signore non racconta favole.

Il passo della lettera dell’apostolo Paolo a Tito (2,11-14), proposto dalla seconda lettura, consente di comprendere ancora meglio la portata della nascita del Figlio di Dio: «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini». La presenza di questa grazia ci mette in condizione (“ci insegna”) di prendere le distanza (“rinnegare”) dal male che imprigiona la nostra libertà (“l’empietà e i desideri mondani”) e di percorrere la strada  del suo pieno esercizio (“vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”).

Chiediamo al Figlio di Dio, che in questa notte accogliamo come bambino nato per noi, di non porre alcuna resistenza a quella grazia (amore) di Dio che Lui vuole donarci e di ascoltare con fiducia quanto Lui desidera insegnarci, perché anche grazie a noi le tenebre non avvolgano più il mondo, ma lascino posto alla speranza che fa luce sulla nostra esistenza e sulla storia degli uomini.