XXIII domenica Tempo Ordinario (6 settembre 2020)

La richiesta che come comunità di fratelli abbiamo rivolto al Padre nella preghiera della Colletta: il dono di “un cuore e uno spirito nuovo”. La destinazione della richiesta: l’attenzione a chi condivide con noi la fede in Gesù (“ogni fratello”), secondo la disposizione (il comandamento) dell’amore.

A suggerire la richiesta è l’esortazione dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma, proposta dalla seconda lettura (Rm 13,8-10): «non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole».

Secondo l’Apostolo io non devo nulla all’altro, se non la cura, l’attenzione suggerita dall’amore; l’amore vicendevole è il “debito” contratto tra le persone che si riconoscono discepoli di Gesù, si ritengono cristiane. Per Paolo, quindi, l’amore, in una comunità cristiana, non va considerato un “regalo” da condividere, ma un “debito” da estinguere.

E questo anche quando chi condivide con me la fede in Gesù (il mio fratello), “commette una colpa contro di me”, manifesta una qualche ostilità nei miei confronti. E’ Gesù, questa volta, a dichiararlo nel vangelo appena proclamato (Mt 18-15-20).

La situazione presentata dal testo è un banco di prova della fraternità, della sua capacità di risolvere i conflitti. L’indicazione per la soluzione della situazione rappresenta una “regola disciplinare”, che prescrive un comportamento a tre tappe da assumere nei confronti del fratello che pecca.

Non entriamo nel merito del senso di questa regola, di una sua possibile applicazione nelle nostre comunità oggi; vogliamo semplicemente cogliere la preoccupazione, l’atteggiamento che esprime: quando nella comunità un fratello si mostra ostile nei tuoi confronti (“pecca contro di te”), tenta con il tuo amore, nell’incontro personale, di conquistarlo. Se ci riesci avrai “guadagnato il tuo fratello”.

L’espressione “guadagnare il fratello” è pregnante. Scrive un monaco al riguardo: «Che cosa può significare questo “guadagnato” riferito al fratello? Potremmo tradurre così: ti sarai arricchito con la presenza di tuo fratello; sei tu che manchi di qualcosa. Se riesci a conquistare ciò che ti manca, hai guadagnato ciò che ti mancava. Il fratello che ha mancato l’obiettivo può aver compiuto una colpa, ma il vero problema sta nel fatto che a te quel fratello, adesso, manca. Manca alla tua completezza, manca alla tua totalità, manca alla tua integrità. (I. Gargano).

Per questo bisogna mettere in atto ogni tentativo per ricostruire il rapporto fraterno con chi l’ha compromesso.

La soluzione indicata dal Signore impegna la comunità dei discepoli a prendersi a cuore la situazione di questo fratello, a fare ogni sforzo perché sia ricuperato. L’autentica fraternità di fronte allo sbaglio di una fratello non imbocca la strada del giudizio stroncatore, senza appello né quella del pettegolezzo o dell’isolamento, ma di un interessamento paziente, animato dal desiderio di aiutarlo a superare il proprio sbaglio.

Questo interessamento è accompagnato dal Signore stesso, il quale non abbandona i suoi amici, ma resta “in mezzo a loro”, fa loro dono del suo amore che accoglie, si fa carico dell’altro e della sua fragilità; inoltre è apprezzato dal Padre, il quale, proprio perché non vuole che nessuno dei suoi figli vada perduto, accoglie le loro richieste.

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