La richiesta nella preghiera della Colletta al “Dio, Signore del cielo e della terra” («Rafforza la nostra fede e donaci un cuore che ascolta»), ci richiama alla nostra imprescindibile disposizione (“un cuore che ascolta”) nel riconoscere (“la nostra fede”) l’azione di Dio, la sua parola “nelle profondità dell’uomo, in ogni avvenimento della vita, nel gemito e nel giubilo del creato”. Ci ricorda che non basta che Dio agisca, ci rivolga la sua parola, se noi non lo riconosciamo, se siamo distratti, se restiamo chiusi in noi stessi, prigionieri delle nostre visioni e paure.
E’ questa l’istruzione che ci offrono la prima lettura (1Re 19,9a.11-13a) e il vangelo (Mt 14,22-33) della Messa. Il testo del primo libro dei Re racconta che Elia, in fuga dalla regina Gezabele che lo voleva morto, riconosce il passaggio del Signore («Ed ecco che il Signore passò… Elia si coprì il volto con il mantello») non nei fragorosi fenomeni naturali (“un vento impetuoso e gagliardo…un terremoto…un fuoco”), ma nel “sussurro di una brezza leggera”.
L’evangelista Matteo racconta nel vangelo che è la parola di Gesù e la sua presenza sulla barca a soccorrere i discepoli e Pietro alle prese con “il vento forte”, che ostacola la navigazione della barca dei discepoli e mette paura all’apostolo che aveva chiesto a Gesù una prova rassicurante che non era una fantasma («Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque») come avevano temuto inizialmente i discepoli («vedendolo camminare sul mare i discepoli furono sconvolti e dissero: “E’ un fantasma!” e gridarono di paura”) e ora implora il suo intervento («Signore, salvami!»).
La parola rivolta da Gesù ai discepoli impauriti («Coraggio, sono io, non abbiate paura!»), il soccorso prestato a Pietro, bloccato dalla paura («subito Gesù tese la mano, lo afferrò…») e l’effetto sul vento prodotto dalla sua presenza sulla barca («Appena salito sulla barca il vento cessò»), conducono i discepoli al suo pieno riconoscimento («Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!”»). Per i discepoli Gesù che “sul finire della notte va verso di loro camminando sul mare”, per prestare il suo aiuto, non è più un fantasma da temere, ma il Figlio di Dio da riconoscere con fiducia.
La fatica dei discepoli di governare la barca per la violenza di un vento contrario, la paura di Pietro di soccombere nelle onde minacciose del lago, rappresentano bene le tante difficoltà che dobbiamo affrontare nella navigazione della vita.
E anche noi come i discepoli, quando ci troviamo ad affrontare il vento ostile che impedisce di governare con serenità e in sicurezza la barca dell’esistenza, può capitare di non riconoscere il Signore che viene verso di noi, capita di considerarlo una presenza evanescente e inquietante come lo è un fantasma; capita, come Pietro, di chiedere segni più rassicuranti della sua parola, della sua presenza e azione discrete.
Come far fronte a queste situazioni, al “vento forte”, ostile, che ci mette paura? Non abbiamo timore a fare nostra la richiesta a Dio, suggerita dalla liturgia di questa domenica: “Rafforza la mia fede e donami un cuore che ascolta”, una fede che accolga nella barca della nostra vita, Gesù e un cuore che accolga la sua parola che contrasta le nostre paure.
E chiediamo che accada anche a noi, come ai discepoli, in quella notte così complicata e pericolosa, di riconosce Gesù, come il Figlio al quale il Dio, Signore del cielo e della terra ci ha affidati, perché la nostra fede non soccomba alle minacce dei tanti venti ostili che incontriamo nella vita.