VI Domenica di Pasqua (17 maggio 2020)

“Pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”. La richiesta a Dio Padre nella preghiera che abbiamo appena rivolto, riprende alla lettera l’invito dell’apostolo Pietro alle comunità dell’Asia minore, messe alla prova nella loro fede dall’ostilità che le circonda.

La richiesta a Dio è seria, perché non si può vivere senza una speranza. Non è scontato quanto recita un noto adagio: «Finché c’è vita, c’è speranza». Più che come una perentoria affermazione penso che vada inteso come un auspicio, un augurio, che, cioè, durante la vita si scorga una speranza, una buona ragione per cui vivere, per investire se stessi, le proprie risorse, coltivare alimentare i propri desideri e elaborare i propri progetti, nell’esistenza che stiamo conducendo, non tanto in quella che abbiamo immaginato, desiderato.

Per questo il noto adagio andrebbe completato con “finche c’è una speranza, c’è vita”, “finche nel mio cuore sono in grado di coltivare una speranza forte, robusta, mi trovo nelle condizioni migliori per affrontare, condurre la mia esistenza.

Nella preghiera abbiamo chiesto a Dio Padre di essere pronti, di saper rispondere a chiunque ci chiede ragione della speranza che è in noi. A chiederci ragione della speranza che coltiviamo, prima delle persone, è la stessa vita, è quanto accade nella vita a costringerci a dire a noi stessi le ragioni, se ci sono, di una speranza che continuiamo ad alimentare e sulla quale continuiamo a investire la nostra vita. Non la vita in astratto, né quella che avremmo desiderato o abbiamo sognato, ma quella che ci sta accadendo, con le sue sorprese, gioiose e amare. Tanto per essere ancora più concreti: a vita di questi giorni, ferita dalla pandemia, dove alcune di queste ferite rischiano di segnare la nostra esistenza per molto tempo, se non addirittura per il resto dei nostri giorni.

Quanto sta accadendo, più che chiederci, ci sfida a rendere ragione della speranza sulla quale stiamo costruendo la nostra esistenza. Può darsi che per qualcuno di noi, di fronte a quanto sta accadendo, le ragioni che stavano sostenendo la propria speranza, si siano rivelate fragili, troppo fragili per reggere l’urto della prova, per sostenere, motivare nuovamente il proprio impegno, la propria fiducia nei confronti della vita.

Abbiamo appena ascoltato la parola di Gesù nel vangelo, una parola rivolta ai suoi amici turbati, con i quali stava trascorrendo l’ultima sera, prima di affrontare la morte. La parola di Gesù è una promessa: «Non vi lascerò orfani» (“Non vi lascerò soli ad affrontare la vita con le sua sfide”). Poi: «Verrò da voi» (“non me ne vado via, non interrompo l’amicizia che mi lega a voi, né sospendo la cura di voi).

Gesù ai discepoli dice anche come continuerà a stare con loro, ad accompagnarli nel cammino della vita: otterrà dal Padre un altro difensore (“Paraclito”), lo Spirito di verità, quello Spirito che avrebbe guidato i discepoli nella comprensione di Gesù, della sua vita, delle sue parole, perché riconoscessero in lui, quella “verità” che rappresenta la ragione, forte e persuasiva, della loro speranza e della speranza dell’intera umanità.

Oggi Gesù quella promessa fatta ai discepoli turbati la rinnova per noi, per ciascuno di noi: non ti lascerò  solo, sola nel lutto, nel dolore in cui ti trovi per la morte dei persone care; non ti lascerò solo, sola nelle tue paure perché la situazione in cui ti trovi, ti consegna una vita troppo precaria per alimentare una qualche fruibile speranza.

La sua promessa Gesù la rinnova anche alla sua Chiesa, alla nostra chiesa di Senigallia, alle nostre comunità: non vi lascerò soli nel vostro cammino di credenti, perché siate in grado, anche in questa emergenza, in questa prova impegnativa, di dare ragione della speranza che custodite nel cuore e che è alimentata dalla fede, dalla confidenza con me, con le mie parole. Sarà lo Spirito Santo, che ho chiesto al Padre anche per voi e che vi accompagna fin dal giorno del vostro Battesimo, a fare nuovamente luce sulla vostra speranza, a conservarle le ragioni forti, credibili, anzitutto per voi, ma anche per le persone che condividono con voi il cammino della vita e che con la loro sofferenza, la loro fatica e le loro paure, prima ancora che con le loro parole, chiedono a noi di spiegare loro le ragioni della nostra speranza.

Noi ci siamo fidati della promessa di Gesù, quando poco fa, nella preghiera della Colletta, abbiamo chiesto al Padre di “confermarci con il suo Spirito di verità, perché siamo pronti a rispondere a chiunque cu chiede ragione della speranza che è in noi”.