Veglia per la giornata missionaria mondiale – 26 ottobre 2019

Battezzati e inviati

La Chiesa di Cristo in missione nel mondo

il testo di Atti 10,34-43 che è stato proclamato presenta il discorso pronunciato da Pietro nella casa di un pagano, il centurione romano Cornelio. Per l’Apostolo, invitato da Cornelio, non è scontato, pacifico che lui si trovi in quel luogo. Lo segnalerà lui stesso a Cornelio e alle persone che trova in quella casa: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito avere contatti e recarsi da stranieri» (At 10,28a). E’ lì perché «Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo» (At 10b).

Piero inizia il suo discorso con un’importante ammissione che “Dio non fa preferenze di persone” (tu si, tu no); prosegue poi raccontando di Gesù, il quale, con la sua vita e il suo ministero, conferma la scelta di Dio, perché, pur “inviato ai figli d’Israele, è “il Signore di tutti” ed è “passato beneficando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”. Gesù con la sua azione rivela ai figli d’Israele che il Dio che li ha scelti come suo popolo è inclusivo nel suo amore.

L’Apostolo parla poi del mandato ricevuto da Dio: che loro, testimoni oculari, diretti della vita di Gesù (“noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”) annunciassero e testimoniassero la destinazione universale della salvezza offerta da Gesù.

Il tema della giornata missionaria mondiale 2019 ci ricorda che anche noi siamo mandati, inviati, perché battezzati, beneficiari della grazia, dell’amore di Dio che con Gesù raggiunge tutti gli uomini. Il regalo che abbiamo ricevuto chiede che anche noi, come Pietro, “ci rendiamo sempre più conto” del desiderio di Dio di includere tutti nel suo amore e che anche noi, come Pietro, “raccontiamo” non solo né soprattutto con le parole, ma con la nostra esistenza personale e comunitaria che Gesù è il liberatore di tuti, colui che come scrive Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, «ci libera dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (n 1).

Anche se noi non “abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua morte” come i primi discepoli, abbiamo imparato a conoscerlo e a credere in lui, ascoltando la sua parola che fa ardere il cuore e illumina la vita, incontrandolo ogni domenica nella celebrazione dell’Eucaristia, servendolo nei poveri e nei sofferenti. Anche noi quindi siamo titolati a testimoniarlo come la “buona notizia” per la vita di ogni persona.

Il sottotitolo che ispira la preghiera di questa sera ci ricorda che l’orizzonte della testimonianza della Chiesa, quindi della nostra testimonianza personale e come chiesa di Senigallia, è il mondo e c’impegna prestare attenzione a quanto succede nel mondo, al cammino del vangelo nel mondo, a chiedere al Signore che mandi operai nella sua messe, a interrogarci, lo segnalo soprattutto ai giovani, se il Signore, se il Signore non rivolge a me un esplicito invito a essere missionario “tra le genti”.

La destinazione mondiale della testimonianza cristiana c’impegna ad abitare il “mondo” a noi più vicino della nostra famiglia, dei luoghi di vita (il territorio in cui abitiamo, la scuola che frequentiamo, il lavoro che svolgiamo, gli incontri…) con uno stile missionario, testimoniale, lo stile di chi è consapevole e contento del grande dono ricevuto, l’amore del Signore, la fede e desidera che anche altri scoprano questo dono e ne gioiscano.

C’impegna infine a prender sul serio l’invito che papa Francesco rivolge con insistenza alle comunità cristiane: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto tutti i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (Evangelii Gaudium, 25).