V Domenica di Pasqua (10 maggio 2020)

“A tutti i credenti sia data la vera libertà e l’eredità eterna”. Questa la richiesta che abbiamo presentato al Padre “che ci ha donato il  Salvatore e lo Spirito Santo”. La libertà e l’eredità eterna non sono due realtà diverse, ma rappresentano un’unica situazione: la vera libertà costituisce l’eredità (“la vita eterna”), che Dio Padre ha in serbo per noi e della quale già da ora possiamo godere, anche se non ancora in pienezza.

Mai come in questi giorni sperimentiamo come la libertà rappresenta un bene irrinunciabile per la vita degli uomini. In questi giorni stiamo vivendo una libertà “limitata” nei movimenti, negli spazi, persino nei gesti più intensi ed espressivi dei nostri affetti. E questa limitazione della libertà sta provocando molti disagi e alimenta il desiderio di riavere in  fretta la libertà “perduta”.

Ci sentiamo anche noi “turbati” come i discepoli in quell’ultima sera; anche a noi Gesù rivolge il suo invito («Non sia turbato il vostro cuore») e la sua proposta ad “avere fede in Dio e in  lui” (cfr Gv 14,1-12).

Proviamo ad accogliere l’invito e la proposta di Gesù proprio in riferimento a quel desiderio irrinunciabile per la nostra vita di una libertà piena (“vera”), che stiamo avvertendo in questi giorni.

Nella preghiera al Padre non abbiamo chiesto semplicemente di donarci la libertà, ma la “vera libertà”. A monte di questa richiesta sta il riconoscimento che esiste anche una libertà “falsa”, che non è propriamente una libertà, perché alla prova dei fatti risulta ingannevole, deludente. A ispirare questo riconoscimento sta l’esperienza quotidiana della vita, nella quale, penso, ci riconosciamo tutti, perché a tutti noi, nel corso della nostra esistenza, è capitato di scambiare per vera, per autentica, una libertà che non si è rivelata tale, che non ha onorato le promesse con le quali, almeno momentaneamente, ci aveva convinti. Nella vita di tante persone questo abbaglio ha avuto spesso costi molto alti, drammatici.

Gesù ci invita a non concedere spazio nel nostro cuore al turbamento, anche in riferimento al nostro desiderio di una libertà “vera” e al nostro timore di non riuscire ad assecondare questo desiderio.

Le parole di Gesù consentono di non soccombere di fronte a due minacce mortali per una libertà “vera”, quella portata dalla paura della morte e quella portata dalla menzogna.

La paura della morte la sperimentiamo su due versanti, sul versante del come può giungere la morte per noi (noi tutti ci auguriamo di non soffrire, quando affronteremo l’ultimo tratto della nostra esistenza. Ci spaventa il pensiero di una sofferenza pesante e prolungata che potrebbe precedere la nostra morte e quella delle persone care, tanto da augurare, per noi e per loro, un “fine vita” rapido).

L’altro versante è rappresentato dalla morte in se stessa, perché la morte dichiara in modo inequivocabile la conclusione, la fine, dell’esistenza, senza promettere nulla al nostro desiderio di una vita piena, che non subisca più alcuna minaccia. Per questo temiamo la morte e cerchiamo in ogni modo di allontanarla il più possibile dalla nostra vita e di rimuoverla.

Gesù con la sua parola («Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a preparavi un posto”? quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi») apre un futuro alla nostra esistenza, un futuro che non appare nebuloso, incerto, ma promettente: staremo con lui, dove sta lui, nella casa del Padre, dove c’è un posto preparato per noi da Gesù stesso. E Lui non ci lascerà soli quando la morte ci raggiungerà, perché ci prenderà con sé.

L’altra minaccia per una libertà “vera”, autentica, è una libertà falsata, alterata dalla menzogna. Prima di quella sera Gesù aveva detto a chi aveva creduto in lui che la verità li avrebbe resi persone libere (cfr Gv 8, 31-32).

Oggi siamo in grosse difficoltà a parlare della “verità”, a riconoscere che la libertà è tale, è “vera”, solo quando si fonda sulla verità e solo quando sa dire, comunicare, la verità.

La difficoltà ha prodotto un silenzio, se non addirittura una intolleranza, nei confronti della verità. Altri sono i riferimenti riconosciuti e ampiamente reclamizzati per una libertà ritenuta veramente tale, autentica: sono i nostri desideri, le nostre opinioni e i diritti personali, ritenuti insindacabili.

Gesù anche a noi si propone come la “verità, la via e la vita”, come colui che rappresenta per la nostra esistenza quella verità che garantisce la piena libertà, la libertà “vera”; la verità che mette al riparo al nostra libertà dalla menzogna che finirebbe per distruggerla. Gesù si propone come le verità che ci rende veramente e pienamente liberi, perché ci rivela il senso originario e la destinazione della nostra esistenza, della storia umana, l’approdo pacificante del nostro desiderio di vita, di un’esistenza sottratta alle tante minacce della morte.

E anche a noi Gesù chiede di “aver fede in lui”, di dargli il credito di una libertà., che, proprio perché lo riconosce come la verità che non mortifica i nostri desideri, non contrasta i nostri diritti personali, si fa ascolto, accoglienza della sua parola e disponibilità a costruire la nostra esistenza su quella “pietra angolare” che è lui, come ci ha ricordato l’apostolo Pietro nella seconda lettura appena proclamata (cfr 1Pt 2,4-9).

Print Friendly, PDF & Email