Solennità di Tutti i Santi (1 novembre 2022)

L’antifona che introduce l’Eucaristia c’invita a “rallegrarci tutti nel Signore”, a motivo dei Santi (“in questa solennità di tutti i Santi”). Nella Colletta si parla nuovamente della gioia donata da Dio alla Chiesa (a noi quindi), in riferimento alla celebrazione odierna “dei meriti e della gloria di tutti i Santi”.

E per la terza volta, nel Prefazio, si riparla della gioia che Dio ci concede, quella “di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme, che è nostra madre, dove l’assemblea festosa dei nostri fratelli (la moltitudine immensa, incalcolabile, e festosa, radunata attorno al trono di Dio e all’Agnello) glorifica in eterno il nome di Dio” e verso la quale “noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino”.

Nella solennità dei Santi noi guardiamo a questa moltitudine di persone felici, piene di gioia, perché sono con il Signore Risorto e con lui “vedono” Dio Padre, come lo vede Lui, il Figlio, il Primogenito di ogni creatura.

L’insistente richiamo alla gioia ci fa pensare perché la gioia donata da Dio ha a che fare con la felice condizione di altre persone – i santi – e perché fa riferimento a una speranza futura, non a una situazione immediatamente usufruibile.

Ci interroghiamo se le ragioni di questa gioia sono in grado di reggere la sfida con le situazioni difficili, impegnative  e, a volte, deludenti, della nostra esistenza sulla terra o se dobbiamo rassegnarci a godere delle gioie passeggere, quelle che ci consentono le situazioni positive della vita.

L’apostolo Giovanni e Gesù offrono una risposta incoraggiante al nostro interrogativo. L’Apostolo nel testo della sua prima Lettera appena proclamato ci invita a riconoscere (“vedete”) un fatto: noi siamo destinatari di un grande amore da parte di Dio, tanto grande da essere considerati da Lui suoi figli. Giovanni ci rassicura che questo accade già, è una realtà già presente e operante nella nostra vita (“fin da ora”) e che prefigura ciò che saremo in futuro, quando Dio “si sarà manifestato e noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”. Questa condizione di figli autorizza e alimenta una robusta speranza, in grado di cambiarci interiormente.

Gesù nel vangelo considera fortunati (“beati”) e si rallegra con quelle persone che vivono situazioni dolorose, che di per sé impediscono di gioire, di essere felici, come la povertà, il pianto, la persecuzione per la giustizia, o che assumono comportamenti ispirati dalla mitezza, dalla misericordia, che spesso, soprattutto in questi nostri tempi, non godono di grande stima né sono praticati da molte persone.

La ragione dell’apprezzamento, indicata da Gesù stesso, fa riferimento al Regno di Dio che Gesù annuncia e rende presente nella storia, cioè al Dio potente che si occupa di noi, si appassiona alla nostra vicenda umana. Un’azione quella di Dio che ridà speranza, fiducia alle persone che patiscono la vita, una speranza robusta, più forte delle avverse circostanze della loro esistenza, per questo capace di dare serenità al loro cuore e d’incoraggiare tutti a operare per la giustizia, per la pace, a coltivare la misericordia e la mitezza nei confronti degli altri.