Nella preghiera che abbiamo rivolto a Dio all’inizio della nostra celebrazione c’è un ‘espressione impegnativa, che parla di “accettare nella nostra vita il mistero della croce”, preceduta dalla richiesta “aprici all’ascolto del tuo Figlio” e seguita da “possiamo entrare nella gloria del tuo regno”.
A che cosa fa riferimento questo “mistero della croce da accettare nella nostra vita”? Immediatamente ci viene da pensare alle tante croci della vita: alla sofferenza per una malattia, per un lutto, alla fatica delle relazioni, ai tanti problemi suscitati dalla crisi economica, alle preoccupazioni per l’educazione dei figli… A spiegarci il “mistero della croce” è l’episodio raccontato dal vangelo di questa II domenica di Quaresima, la trasfigurazione di Gesù su “un alto monte”, di fronte a tre suoi discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni”.
L’antefatto dell’episodio ci porta a Cesarea di Filippo, dove Gesù dopo aver ascoltato la risposta di Pietro alla sua domanda («Voi chi dite chi io sia?», Mt 16,15): «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», (Mt 16,16), parla per la prima volta, apertamente, si discepoli del suo viaggio a Gerusalemme, dove sarà messo a morte e dove risorgerà (cfr Mt 16,21). Gesù, dopo aver rimproverato Pietro che ha tentato di dissuaderlo dall’andare a Gerusalemme («Va dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!», Mt 16,23), chiarisce le condizioni per diventare suo discepolo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua», Mt 16,24). Matteo c’informa che “sei giorni dopo” Gesù porta sul monte tre suoi discepoli e si trasfigura davanti a loro. L’evangelista racconta anzitutto della reazione di Pietro («Signore, è bello per noi restare qui…»). All’apostolo quanto sta accadendo sul monte altissimo appare cosa buona, rasserenante. Pietro coglie che quando sta avvenendo in Gesù li riguarda, è per loro.
Tuttavia le circostanze che precedono la trasfigurazione di Gesù rendono la richiesta di Pietro ambigua, bisognosa di una purificazione. Alla luce di quanto era successo sei giorni prima la richiesta dell’apostolo appare un nuovo tentativo di bloccare il cammino di Gesù verso Gerusalemme e di sottrarsi al coinvolgimento nella sua vicenda. Matteo ci informa anche su una voce che proviene dalla nube, che parla di Gesù e si rivolge ai discepoli. («Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo»).
La voce è quella di Dio Padre, il quale risponde a Pietro che lo chiamava in causa dopo la dichiarazione di Gesù riguardo alla sua morte (“Dio te ne scampi”), schierandosi dalla parte di Gesù. Proprio perché Dio si riconosce in Gesù, in quello che lui ha detto e che vuole fare (andare a Gerusalemme, dare la sua vita), invita i discepoli ad ascoltarlo, a prendere sul serio le sue parole, a seguirlo.
L’invito ad ascoltare Gesù, a seguirlo, oggi è rivolto a ciascuno di noi. E’ proprio seguendo Gesù che possiamo sperimentare il “mistero della croce”, quando come Pietro, cerchiamo di sceglierci per conto nostro il cammino della fede, di stare davanti al Signore , non dietro a lui, quando preferiamo ascoltare noi stessi, cui scegliamo altri maestri e non lui. Ecco perché abbiamo chiesto al Dio Padre di “aprirci (renderci disponibili, capaci) all’ascolto del Figlio suo”, di seguirlo lungo sul cammino percorso da Lui, che è quello del dono di sé, dell’offerta della propria vita, perché solo così noi la perdiamo definitivamente, ma la ritroviamo in pienezza. Proprio come è successo a Gesù.