Presentazione di Gesù al Tempio (2 febbraio 2022)

La celebrazione eucaristica nella presentazione di Gesù al Tempio è preceduta da due riti significativi  in collegamento e tra loro: al benedizione delle candele e la processione con le candele accese.

Nella preghiera di benedizione delle candele la luce è evocata più volte. Anzitutto è associata a Dio (“fonte e principio di ogni luce”) e a Cristo, “luce” che rivela Dio alle genti. Successivamente si parla di “segni luminosi” (la candele sulle quali s’invoca la benedizione di Dio), con i quali il popolo cristiano “va incontro” a Dio. Infine si evoca la “luce che non ha fine” (intramontabile, che nessuna tenebra può spegnere), quale approdo definitivo del nostro cammino.

Nella brevissima processione che conduce fino all’altare, per fare memoria della Pasqua di Gesù, presentato, ancora bambino, da Simeone che lo accoglie nel Tempio, come “luce che rivela Dio alle genti”, le candele accese rappresentano anche la luce della fede che ci consente di riconoscere Gesù come luce della nostra vita, che ci accompagna nel cammino verso la “luce che non ha fine”, Dio Padre, datore della vita piena, compiuta.

Il testo della lettera agli Ebrei, proclamato nella prima lettura (Eb 2,14-18) , chiarisce perché Gesù è “luce che rivela Dio alle genti”, perché condivide la nostra condizione di figli che “hanno in comune il sangue e la carne”, per “ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”.

L’’anziano Simeone, “uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele” (cfr vangelo di Lc 2,22-30), può riconoscere quel bambino, che “ha accolto fra le braccia”, come luce per le genti, perché lo ha atteso per tutta la vita, un’attesa la sua sostenuta dalla promessa dello Spirito Santo che “non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore”.

Anche Anna, la “profetessa”, può rivelare il legame tra quel bambino che casualmente incontra nel Tempio, e “la redenzione di Gerusalemme”, attesa da molti, perché nella sua lunga e travagliata esistenza (“era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni”) non si è mai allontanata da Dio, anzi lo ha “servito notte e giorno”.

Simeone e Anna ci indicano come vivere la nostra attesa del Signore: purificando le nostre speranze, concentrandole su ciò che è veramente essenziale per la vita, non allontanandoci dal Signore, anzi “servendolo”, anche quando la vita ci mette alla prova con distacchi dolorosi, con costose scelte di libertà.

Simeone e Anna hanno accolto Gesù nel Tempio perché qualcuno ce lo ha portato. Giuseppe e Maria hanno portato Gesù al Tempio non di propria iniziativa, ma in obbedienza alla prescrizione della legge del Signore (“Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore”). Anche in questa decisione Giuseppe e Maria si lasciano guidare da Dio, dalla sua parola.

La docilità dei genitori di Gesù consente di comprendere la portata del titolo con cui la nostra Chiesa di Senigallia onora Maria, Madonna della speranza. Il riconoscimento è suggerito non tanto né prima di tutto dai favori (le grazie) che chiediamo a lei, ma soprattutto dal fatto che Maria ci porta Gesù, colui che è la nostra speranza, una speranza che non delude perché fedele al suo amore per ciascuno di noi, perché capace di sostenere la nostra attesa, di portare luce nella nostra esistenza, quando su di essa scendono le tenebre della sofferenza, delle prove, della stessa morte.

Anche Maria, ci può portare Gesù, “luce per le genti”, perché lei, per prima ha posto in Gesù, suo figlio, la speranza per la propria vita, anche quando “una spada avrebbe trafitto il suo cuore” di madre.

Il nostro riconoscimento di Maria, “Madonna della speranza”, si fa invocazione per il mondo intero, avvolto in una pandemia che minaccia le tante nostre speranze, per noi discepoli di Gesù, suo figlio, perché sappiamo essere nei luoghi della vita quotidiana, credibili testimoni di speranza, per le persone consacrate, alle quali è dedicata la festa della presentazione di Gesù al Tempio, perché come la profetessa Anna continuino con al loro esistenza di conscarati, a “lodare” Dio con letizia e a parlare di Gesù, speranza del mondo intero.