La parola di Dio proclamata nell’Eucaristia ci consente di cogliere la ricchezza di questa giornata nella quale si concentrazione di tre celebrazioni : la festa liturgica della presentazione al Tempio di Gesù, in Diocesi, la festa della Madonna della speranza e la giornata della Vita consacrata.
Il testo della Lettera agli Ebrei, proclamato nella prima lettura (Eb 2,14-18) offre la chiave di lettura del gesto che Maria e Giuseppe compiono portando al Tempio il piccolo Gesù, raccontato nel vangelo di Luca (2,22-40).
L’autore della Lettera agli Ebrei dichiara con insistenza che Gesù è “diventato partecipe” della nostra condizione umana” (“Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è diventato partecipe…Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli…»). La ragione di questa condivisione è seria: «liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita… espiare i peccati del popolo».
Gesù, come ogni primogenito maschio che nasceva in una casa di Ebrei, viene portato al Tempio, perché lo ricorda l’evangelista Luca, questo prescrive la Legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore».
Al Tempio Gesù trova qualcuno che lo attende da tutta una vita: Simeone, «uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele e lo Spirito Santo era su di lui» e proprio lo Spirito Santo a lui “aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte prima di aver veduto il Cristo del Signore».
Ascoltando il racconto di Luca («Lo accolse tra le braccia e benedisse Dio») immaginiamo che si stato un incontro emozionante, come lo sono i nostri incontri con una persona che attendiamo da tempo e il tempo dell’attesa ha alimentato il desiderio dell’incontro.
La parola di benedizione che Simeone rivolge a Dio («Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace…») rivelano che proprio lui è la prima persona che Gesù, libera dal timore della morte che ci rende schiavi per tutta la vita.
A Gesù va incontro anche Anna la profetessa, un’anziana vedova, che ha trascorso gran parte della sua lunga esistenza (aveva 84 anni, c’informa l’evangelista Luca) nel Tempio, «servendo Dio giorno e notte con digiuni e preghiere». Anche questa anziana vedova, ormai vicina alla conclusione della vita, loda Dio e parla del bambino, indicandolo come la “redenzione di Gerusalemme”.
Simeone e Anna, con le loro serene parole di benedizione e di lode, ci dicono che quando Gesù è atteso con un desiderio che si alimenta nello scorrere del tempo e accolto con fiducia, dà serenità alla nostra esistenza, perché disinnesca il potere devastante della morte (la paura).
Gesù al Tempio non giunge da solo, ma portato dai suoi genitori, Maria e Giuseppe, che già si erano resi disponibili a propiziare l’ingresso del Figlio di Dio nella storia degli uomini, la condivisione della loro umanità (“il sangue e la carne”), la “prova che gli uomini subiscono”; ora consentono a Gesù di avviare la sua missione, “venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”, di compiere la salvezza che Dio aveva “preparato davanti a tutti i popoli”.
Il titolo che i credenti riconoscono a Maria e che nella nostra chiesa di Senigallia ha una particolare risonanza – “Madonna della speranza” – trova nel gesto di Maria la sua pertinente giustificazione. Quel giorno Maria ha consentito l’incontro tra Gesù, la “nostra speranza” e Simeone e Anna. Maria continua a propiziare l’incontro tra Gesù e coloro che attendono la consolazione e la redenzione della propria esistenza.
All’inizio dell’Eucaristia il celebrante, dopo aver presentato A Dio “il popolo che va incontro a Lui con i segni luminosi (le candele accese) e con inni di lode (come Simeone e Anna nel Tempio di Gerusalemme), ci ha invitato ad “andare in pace incontro al Signore”. Prima di concludere la celebrazione e di tornare alle nostre case, abbiamo rivolto al Padre, che a Simeone “ha dato la gioia, prima di vedere la morte, di stringere tra le braccia il Cristo suo Figlio” , una richiesta: «concedi anche a noi, con la fora di questo pane eucaristico, di camminare incontro al Signore per ottenere la vita eterna”, quella vita, cioè, sottratta definitivamente al potere della morte.
Celebrare in questo giorno la giornata della vita consacrata non è fuori luogo. Uomini e donne che, per dono di Dio, accolto con gratitudine, attendono nella loro vita il Signore come il proprio unico bene e che si dedicano esclusivamente al suo servizio, come Simeone e Anna, testimoniano, nella forma singolare della consacrazione, quella redenzione e quella consolazione che il Signore Gesù offre all’umanità che “per timore della morte è soggetta a tanta schiavitù per tutta la vita”.
In questo giorno vogliamo esprimere al Signore la nostra lode per il dono di questa testimonianza e dire il nostro grazie alle persone consacrate che nella nostra Chiesa diocesana testimoniano, nelle varie forme della loro consacrazione, Gesù, il consolatore e il redentore della nostra vita. E sempre al Signore la nostra richiesta che perché molti giovani non abbiano paura a “scegliere come ideale di vita di servire il Signore nei loro fratelli”.