Gli auguri del Vescovo Franco alla Diocesi. L’augurio che anche la Pasqua di quest’anno sia una buona Pasqua

I vangeli raccontano che Gesù risorto incontra persone, come i suoi discepoli, chiusi in casa per paura e in pianto; persone che, come i discepoli in cammino verso Emmaus, avevano perso ogni speranza in lui; persone che, come le donne che hanno lasciato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, dopo aver ricevuto da un angelo la notizia che Gesù era risorto, o che, come Maria di Magdala, piange perché teme che il suo Signore sia stato portato via.

Ma la notizia più sorprendente nei racconti pasquali dei vangeli è che i discepoli non riconoscono Gesù, con il quale erano rimasti fino a qualche giorno prima; che, addirittura qualcuno, come Maria di Magdala, lo scambia per il custode del giardino, dove si trova il sepolcro di Gesù o, come i discepoli, sono sconvolti e pieni di paura, perché pensano di trovarsi di fronte un fantasma.

In questa situazione Gesù, con grande delicatezza e pazienza, aiuta le persone a riconoscerlo come risorto: rivolge ai discepoli una parola amica («Pace a voi», Gv 20,19); una parola che rianima la speranza nel cuore dei due discepoli di Emmaus, perché li ha aiutati a comprendere la sua morte che aveva spento in loro ogni speranza; una parola che li aiuta a superare le loro paure; una parola che lo fa riconoscere a chi, come Maria di Magdala, lo aveva confuso con un’altra persona; una parola che rilancia l’amicizia con Pietro che sembrava irrimediabilmente compromessa da quanto era successo nel cortile del Sommo Sacerdote dopo il suo arresto.

Gesù compie anche gesti che esprimono il suo desiderio di riprendere contatto con i suoi amici, come il pasto che prepara per il gruppetto di discepoli, reduci da una pesca straordinaria, grazie alle sue indicazioni («Venite a mangiare», Gv 21,12); come la disponibilità ad accogliere l’invito a restare con loro, rivolto dai due discepoli incontrati sulla strada per Emmaus («Resta con noi», Lc 24,29).

La Pasqua che quest’anno vivremo in modo “inedito” trova molte persone in lutto e in pianto per la perdita dei loro cari, un dolore ancora più intenso, perché non hanno avuto la possibilità di stare loro vicino con un ultimo gesto d’amore; trova tante persone in ansia per i propri cari ammalati e tante persone impegnate da giorni ad assistere ammalati e aiutare persone sole con generosa dedizione; trova noi tutti “costretti” in casa, impauriti per l’aggressività e la pericolosità di un minuscolo virus, preoccupati per la nostra salute e per quella dei nostri cari, angosciati per un futuro di cui sappiamo solo che sarà diverso da questo presente, ma non siamo in grado di sapere che cosa ci riserverà; in sofferenza perché non solo ci manca il calore di tante relazioni, ma, per tanti fra noi, anche e soprattutto, per il venir meno delle risorse economiche che garantiscono serenità alla loro esistenza.

Quest’anno Gesù risorto non ci verrà incontro nella nostra Cattedrale né nelle chiese delle nostre comunità parrocchiali, verrà però nelle nostre case, dove troverà lacrime da asciugare, dolore da confortare, paure da allontanare e speranze da rianimare.

Anche a noi, nelle nostre case, Gesù risorto rivolgerà la sua parola che può ridare serenità al nostro cuore, aprire orizzonti di speranza per la nostra esistenza sulla terra e per le persone che questa esistenza l’hanno conclusa in modo drammatico e sofferto.

Se non sarà possibile accogliere insieme nelle nostre chiese l’offerta della sua pace né incontrarlo nel suo corpo dato per noi, che è l’Eucaristia, lui ci assicura che verrà nelle nostre case con la sua parola offerta dal libro delle Scritture sante, nella preghiera che in famiglia abbiamo la possibilità di svolgere insieme; ci verrà incontro nei gesti che in una casa esprimono la cura tra le persone care e nei gesti con i quali molte persone in questi giorni si prendono generosamente cura degli ammalati e delle persone sole.

Mi piace immaginare che il Risorto, come ha fatto con Maria di Magdala presso il suo sepolcro vuoto, chiederà anche a noi perché piangiamo, perché siamo angosciati. Ce lo chiederà non perché lui non conosce il motivo del nostro pianto e della nostra angoscia, ma per dare anche a noi la possibilità di raccontargli dei nostri lutti, delle nostre paure e delle nostre speranze. E il Risorto chiamerà anche ciascuno di noi per nome, con affetto, perché anche ciascuno di noi, come Maria di Magdala, abbiamo a riconoscerlo presente e vicino, anche in questi giorni difficili e drammatici.

Mi piace immaginare pure che, se qualcuno tra noi, come Pietro, confesserà al Signore il proprio amore sincero, ma fragile, incostante e a volte prigioniero della paura e della pigrizia, il Signore lo inviterà, come ha fatto con Pietro, a proseguire senza timore la storia della loro amicizia.

In questi giorni potrebbe apparire imbarazzante e inopportuno augurarci una buona Pasqua, perché lo scambio di auguri non è un gesto banale, ma impegnativo. Bisogna avere buone ragioni per formulare un augurio e per poter contare su un futuro non solo desiderato, ma anche alla nostra portata.

Proprio quanto è successo quel “primo giorno dopo il Sabato” di tanti anni, fa tra Gesù e i suoi discepoli, mi incoraggia ad augurarvi che anche quest’anno la Pasqua sia “buona”, sia una “buona Pasqua” e lo sia per tutti. Chiedo con fiducia al Signore che dia compimento a questo augurio.

Per ciascuno di noi.

Vescovo Franco