Omelia nell’Ordinazione Sacerdotale di Don Francesco Berluti (Parrocchia S.M. della Pace, Senigallia, 9 maggio 2009)

Senigallia, 9 maggio 2009

1. “A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea”: così abbiamo cantato nel Salmo responsoriale (Sal 21). E’ questa veramente la grande assemblea che ci vede stasera qui riuniti come Chiesa di Senigallia – Vescovo, Sacerdoti, religiosi/e, fedeli – per innalzare al Signore la nostra lode, il nostro ringraziamento, la nostra gratitudine per il dono grande di un nuovo sacerdote che offre alla Chiesa. E’ davvero un segno di benevolenza di Dio verso la nostra comunità ecclesiale che non può fare a meno di sacerdoti per generarsi nella fede, per nutrirsi della grazia divina e realizzare l’unità nella carità fraterna. E’ anche un segno di speranza che ci fa guardare con fiducia al futuro nella certezza che nel nostro cammino non siamo soli: Dio si rende vicino, presente, visibile attraverso i suoi ministri.
Oltre alla lode al Signore vogliamo esprimere gratitudine anche a te, carissimo don Francesco, che questa sera pronunci il tuo definitivo sì al Signore, consacrandoti attraverso la preghiera della Chiesa e l’imposizione delle mani del Vescovo, al servizio suo e del popolo che egli ama.
Il nostro ringraziamento va anche ai tuoi genitori che ti hanno dato la vita insieme ad un’educazione cristiana e sono lieti e onorati che un loro figlio sia stato scelto dal Signore per essere suo ministro. Diciamo grazie pure a questa comunità parrocchiale della Pace dove sei cresciuto nella fede e nell’impegno ecclesiale. Grazie in particolare all’Azione Cattolica che per te è stata una vera scuola e palestra di apostolato. Grazie alla Caritas diocesana che attraverso il servizio civile come obiettore di coscienza ti ha permesso di venire a contatto con le necessità dei fratelli e di forgiarti nel servizio verso gli ultimi. Grazie ai formatori del Seminario che con amore e saggezza ti hanno accompagnato nel cammino di discernimento vocazionale.

2. E’ un evento straordinario quello che accade stasera e che segnerà per sempre la tua vita, caro Don Francesco. Qual è il senso, il significato profondo dell’ordinazione sacerdotale che stai per ricevere? Si potrebbe dire, semplicemente ma essenzialmente, che si compie una storia di amore. Il Signore ti si è rivelato, ti si è manifestato, ti si è fatto conoscere come l’Amore incarnato, come il bene sommo, come la bellezza assoluta. E tu, dopo aver lottato con te stesso, ti sei lasciato conquistare, sedurre da lui, ti sei lasciato prendere il cuore: hai capito che non potevi resistere al suo amore e allora… ti sei “buttato”. E’ così che questa sera ti consegni definitivamente a lui per essere uno strumento nelle sue mani. Ad una chiamata di amore rispondi con una scelta di amore.

3. Vari sono i compiti che il sacerdote è chiamato ad assolvere.
Con la tua Ordinazione sacerdotale, don Francesco, ricevi il compito di annunciare il Vangelo, di istruire i fedeli nella dottrina di Cristo, di educare i credenti a camminare dietro a Gesù.
Ricevi pure il compito di celebrare l’Eucaristia, rendendo realmente presente il Crocifisso risorto nella comunità dei credenti per essere la loro forza, la loro luce, la loro vita; ricevi parimenti il potere di rimettere i peccati e di celebrare gli altri sacramenti della salvezza.
Assumi inoltre il compito di collaborare con il Vescovo e con i confratelli nella costruzione e nella guida della comunità perché si realizzi come “un cuor solo e un’anima sola”, tutta protesa a testimoniare nel mondo l’amore di Cristo.
Ma aldilà dei singoli e numerosi offici che attengono al ministero sacerdotale, questo non è altro che un servizio di amore. L’amore è la sintesi dell’identità e della missione del prete. Tutto quello che il sacerdote è e fa trova il fondamento nell’amore, perché il sacerdote viene configurato a Cristo che è Amore.

4. Nell’annunciare l’”anno sacerdotale” che inizierà a giugno, il Papa ha affermato: “Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un sacerdote”. Non sapienza o raffinata dottrina e nemmeno solo opere di carità, o umana compagnia: ciò che davvero gli uomini anche oggi cercano in un prete è Dio, è Gesù Cristo – nulla di meno.
Il compito fondamentale del sacerdote è quello di mostrare, fare vedere Gesù di Nazaret, il crocifisso risorto, nella lieta certezza che la sua persona, il suo messaggio, coincide con le attese più profonde del cuore umano. Non a caso quest’anno sacerdotale nasce nella memoria del curato d’Ars, uno che nella cura dei fedeli si sfiniva, passando tanto tempo in preghiera e in confessionale: a lui la gente ricorreva per incontrare Dio. E’ in questo che il sacerdote, dice ancora il Papa, deve essere presente, riconoscibile e identificabile: il sacerdote è uno che non si confonde con i giudizi e i modi di fare del mondo, quasi a mimetizzarsi, ma che nell’essere, nel dire, nel mostrarsi si dichiara per ciò che è: figura di Cristo, starei per dire “copia” di Cristo.

5. Come è possibile tutto questo? Chi può assicurare e garantire la realizzazione del sacerdozio secondo questa dimensione? Chi può assicurare l’efficacia, la fecondità del servizio pastorale? La risposta viene dal Vangelo: “Io sono la vite, voi i tralci… Rimanete in me… Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,4-5). Rimanete in me: ecco il segreto, la condizione della vita e della missione del sacerdote. Nessun cristiano è capace di attuare il suo sacerdozio da solo ed è sempre necessaria, per usare un’immagine informatica, la “connessione con il server” che è Cristo. Senza questa “connessione” ci si illude di fare qualcosa di buono, di utile, di bello; ci si illude di costruire la Chiesa.
Ecco allora l’importanza, il primato della preghiera. Prima ancora di impegnarsi in tante attività e iniziative apostoliche il sacerdote è chiamato anzitutto ad essere un uomo di preghiera, come il profeta che sta alla presenza del Signore, in ascolto della sua parola per poterla poi proclamare agli altri.
Nella vita del prete la preghiera assume diverse forme, la prima delle quali è la santa Messa quotidiana: non trascurarla mai, caro don Francesco, e fa in modo che mai diventi un’abitudine: è il mistero della fede, “è il più grande e il più alto atto di preghiera che costituisce il centro e la fonte da cui anche le altre forme ricevono la ‘linfa’: la liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica, la lectio divina, il santo rosario, la meditazione” (Benedetto XVI).
Se si rimane nel Signore allora si è capaci di produrre frutti, frutti buoni e abbondanti. E’ questa l’esperienza di Paolo di cui ci parla la prima lettura (At 9,26-31). Dopo l’incontro con il Risorto Paolo va a Gerusalemme per conoscere gli apostoli e i fedeli della Chiesa. La sua aperta testimonianza in favore di Gesù gli crea da subito non pochi problemi, tanto che per salvare la vita deve fuggire. Ma egli non si scoraggia. Rimane in Gesù e in forza di questa profonda e continua unione con lui diviene un apostolo instancabile, il più grande missionario di tutti i tempi: percorre migliaia di chilometri, annuncia Cristo a migliaia di persone, fonda diverse comunità.

6. Caro Don Francesco, il presbiterio della Chiesa di Senigallia ti accoglie con gioia e con affetto. La nostra Chiesa ti è vicina con la preghiera. Insieme con te vogliamo tutti pregare il Signore perché faccia sentire a tanti giovani la bellezza della vocazione, accendendo nel loro cuore il desiderio di donarsi totalmente a lui e ai fratelli. Alcuni di questi giovani, uomini e donne, che il Signore sta chiamando al sacerdozio o alla vita consacrata sono qui in mezzo noi: preghiamo perché possano rispondere con generosità.
La tua Ordinazione avviene nel mese dedicato a Maria e tu sei cresciuto in questa parrocchia la cui titolare è la Madonna venerata sotto il titolo di S.Maria della Pace. Affidati a Lei: ti ha accompagnato finora e ti accompagnerà anche in futuro. Da lei apprenderai il segreto della gioia, della fedeltà, del servizio, della carità, della speranza. Che Maria ti ripeta oggi e sempre le parole che si sentì rivolgere dall’Angelo: “Non temere!”. Che ti renda coraggioso e forte, mite e umile come Gesù suo figlio. E ricolmi il tuo cuore, pur nelle inevitabili prove della vita e del ministero, di una grande pace. Così sia.

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