Omelia nell’Ordinazione Episcopale di Mons. Gerardo Rocconi (Cattedrale di Senigallia, 29 aprile 2006)

Senigallia, 29 aprile 2006

1. E’ questo un momento di grande gioia, oltre che di comunione e di preghiera: siamo in festa per questo nuovo Vescovo, Mons. Gerardo Rocconi, che il Signore, attraverso la chiamata del Papa, ci dona.
E’ la tua gioia, carissimo Don Gerardo, che con comprensibile trepidazione ma generosa fiducia hai risposto “sì” alla chiamata.
E’ la gioia di questa tua Chiesa di Senigallia – la Chiesa di S.Maria Goretti, del Beato Pio IX e di tanti altri santi e beati – nella quale sei stato generato ed educato alla fede, sei divenuto sacerdote e hai esercitato con tanta dedizione e intensità il tuo ministero.
E’ la gioia della Chiesa sorella di Jesi che viene affidata alle tue cure e che ti accoglie con sincero amore come suo nuovo pastore, maestro e padre.
E’ la gioia di noi Vescovi che imponiamo le mani sul tuo capo per invocare su di te un’effusione speciale dello Spirito Santo, il quale ti conformerà a Cristo Capo e Pastore della Chiesa: è questo uno degli atti di ministero che maggiormente ci coinvolge, ci unisce gli uni agli altri e ci fa risalire di anello in anello ai dodici apostoli, alle fondamenta della Chiesa.
E’ la gioia di tuo padre che in questo momento dal cielo ti guarda, ti sorride e ti incoraggia; è la gioia della tua diletta madre, qui presente, degli altri familiari e parenti, di tutte le persone a cui hai fatto del bene, di tutti i tuoi amici e conoscenti.
Ma soprattutto è la gioia del Signore che posando il suo sguardo di amore su di te ti sceglie per annodarti alla catena ininterrotta della successione apostolica.
Il significato dell’evento che questa sera si compie in questa chiesa Cattedrale è illuminato dalla parola di Dio che è stata or ora proclamata.

2. Il brano del Vangelo di Luca terminava con le parole: “Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48). E’ la consegna che il Risorto dava ai suoi. Un’impresa difficile: si trattava di predicare nel suo nome a tutte le genti la conversione e il perdono, cominciando proprio da Gerusalemme! Impresa difficile, ma non impossibile. Vediamo infatti nella prima lettura che essa puntualmente si realizza. L’indomani della Pentecoste, Pietro si rivolge al popolo di Gerusalemme dicendo: “Voi avete ucciso l’autore della vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni” (At 3,15).
Testimoni del Signore Gesù: si tratta di comunicare l’esperienza di vita acquisita nel tempo in cui si è stati in sua compagnia. Con l’entusiasmo di una novità che cambia radicalmente l’esistenza Giovanni scrive: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi…” (1Gv 1,1.3).
Testimoni del Signore Gesù, della sua vita e fondamentalmente della sua risurrezione: ecco che cosa qualifica gli apostoli, definendo la loro identità e missione. Dire apostolo significa dire testimone della risurrezione.
E questo vale anche per il vescovo, successore degli apostoli. Sebbene siano numerosi e vari i compiti affidati al Vescovo (tra poco saranno pubblicamente richiamati), tutti si riassumono e trovano pienezza in questo mandato: essere testimone del Risorto.
Il vescovo è testimone del Risorto perché annuncia con forza e autorevolezza la parola che libera e salva: annuncia che Gesù è vivo, ha vinto la morte; dalla sua morte zampilla la vita per tutti coloro che nel corso dei secoli credono in lui;
è testimone del Risorto, perché lo rende presente nell’Eucaristia e in tutti i Sacramenti con i quali si costruisce e si fa crescere la Chiesa, la comunità dei credenti;
è testimone del Risorto nel presiedere alla carità, nel costruire la comunione, nel guidare la Chiesa con l’amore del Buon Pastore.

3. Al testimone è chiesto un grande coraggio, ma soprattutto un grande amore: la capacità di donarsi totalmente, se necessario fino al martirio. Testimonianza e martirio – martirio non necessariamente cruento – sono sinonimi. Occorre un grande amore per affrontare le difficoltà, le sfide, le incomprensioni che non mancano mai nella vita del cristiano e nemmeno in quella del vescovo. Lo Spirito Santo che viene comunicato nell’ordinazione episcopale attraverso l’imposizione delle mani dei vescovi ordinanti imprime in chi lo riceve il volto di Cristo Buon Pastore, e cioè di colui che ama le sue pecore ed è pronto a dare la vita per esse.
Per usare un’espressione di sant’Agostino, l’ufficio o testimonianza del vescovo è un amoris officium, (In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5): un ufficio, un compito, un servizio di amore. E’ questo il nostro augurio a te, carissimo Don Gerardo: il fatto di pascere il gregge del Signore sia per te un ufficio di amore. “Un amore che ti fa adoratore del Padre, contemplatore della gloria di Dio, instancabile orante ed educatore di preghiera per la tua Chiesa. Un amore che ti fa servo di tutti: dei confratelli sacerdoti, delle persone consacrate, dei fedeli laici, delle famiglie e dei giovani, delle comunità parrocchiali, delle aggregazioni ecclesiali, delle più diverse realtà operanti nel territorio. Servo di tutti come il Signore Gesù e, dunque, con la predilezione verso i più poveri, i dimenticati e più bisognosi nel corpo e nell’anima” (Card.D.Tettamanzi).
L’episcopato è un dono grandissimo, segno della benevolenza di Dio. Ma è anche un compito arduo, tanto più se si considerano le sfide dei tempi moderni, le aspettative dei credenti e dei bisognosi, i limiti oggettivi della nostra persona. Il Signore ripete anche a te questa sera l’invito incoraggiante: non temere, non avere paura! Hai fatto bene a scegliere come motto del tuo episcopato le parole di Pietro che esprimono una grande fiducia: “In verbo tuo” (Lc 5,5); sì, anche tu puoi dire con l’Apostolo: “sulla tua parola” getterò le reti, mi fido di te Signore e in questa fiducia accolgo lo Spirito Santo che mi consacra per il servizio pastorale.
Nell’esprimerti, caro Don Gerardo, i sentimenti della più viva gratitudine per il servizio fedele e generoso che con un’esemplare testimonianza di vita hai esercitato in questa nostra, tua, diocesi e per il servizio che ora ti appresti a svolgere nella vicina chiesa sorella di Jesi ti promettiamo di accompagnarti con la nostra affettuosa preghiera.
La Madre di Dio, la serva del Signore, colei che ha accolto la Parola con fede e con amore, interceda per te, sostenga la tua consacrazione, ti ottenga tante consolazioni e renda fecondo il tuo ministero. Così sia.

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