Senigallia, 4 maggio 2013
La festa di San Paolino da Nola, patrono della nostra città e diocesi di Senigallia, ci trova qui riuniti anche quest’anno per fare memoria di lui e per trarre dalla sua testimonianza un messaggio che possa illuminare la nostra vita di cristiani e di cittadini. I santi sono gli amici che parlano di Dio a noi e parlano di noi a Dio.
1. Ogni santo ha un messaggio spirituale da proporre, uno stile di vita e di testimonianza da incoraggiare. Nella vita poliedrica del nostro patrono, che è passato attraverso diversi stati di vita, c’è una caratteristica che assume un particolare e fondamentale rilievo, tale da definire la sua specifica identità: San Paolino è stato un uomo di relazione. Mi sembra opportuno riprendere e approfondire questo tema sul quale già in altre occasioni abbiamo avuto modo di riflettere. In effetti Paolino ha intrapreso, coltivato e sviluppato intensi rapporti di amicizia con molte persone, di ogni ordine e grado: con persone altolocate, politici, magistrati, letterati, sapienti, ma anche con persone semplici, umili, indigenti.
Il nostro patrono ha preso sul serio il comandamento di Gesù riportato dal Vangelo odierno: “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 15,12). E’ il comandamento nuovo che il Signore ci ha lasciato come suo testamento: è il comandamento che riassume il suo insegnamento e costituisce il nucleo essenziale della religione cristiana. L’amore vero esige di uscire da sé, di aprirsi verso l’altro, di non restare rinchiusi nel proprio io. Di qui la necessità di instaurare rapporti, di entrare in relazione con il prossimo e di vivere relazioni autenticamente umane, amicali, solidali.
Del resto sappiamo che l’uomo per definizione è un essere sociale: si realizza non isolandosi dagli altri, ma stringendo relazioni con loro. Gli altri non sono degli estranei, ma diventano in un certo senso parte della propria umanità, entrano nella definizione di sé. Parafrasando il filosofo Gabriel Marcel, si potrebbe dire che la formula dell’esistenza umana non è “io per me”, ma “io insieme a te per noi”, “io insieme a te per costruire insieme la comunità”.
2. Nel nostro tempo ci troviamo di fronte ad una perdurante e sempre più grave crisi economica che porta con sé anche dei drammi che si ripercuotono tragicamente sulla vita e sulla stessa sopravvivenza fisica delle persone. Ci giungono notizie di persone che prese dalla disperazione per la perdita del lavoro o per l’impossibilità di trovare una prima occupazione giungono a gesti estremi quali il suicidio o l’uso della violenza. Queste scelte sono talora il frutto di una situazione di drammatica solitudine in cui le persone vengono a trovarsi. Solitudine, dovuta a volte all’indifferenza di chi è vicino, o alla chiusura egoistica di chi versa in una migliore condizione ma non vuole entrare in relazione con chi è nell’indigenza, od anche ai limiti delle stesse istituzioni. La solitudine in cui è lasciato il prossimo, specialmente nelle situazioni di difficoltà, è il nemico da battere se si vuole costruire una società umana e fraterna.
Il nostro patrono ci direbbe, a nome di Dio, che bisogna creare relazioni per non lasciare soli coloro che vivono drammi insostenibili. Nessuno può tirarsi indietro. Non si possono tirare indietro le istituzioni, lo Stato, le amministrazioni locali, i sindacati, le categorie professionali, gli istituti di credito. Non si può tirare indietro la stessa comunità cristiana, che pur non avendo la possibilità di mettere in atto salvataggi economici, vuole offrire, soprattutto attraverso la Caritas, segni concreti di solidarietà, di accoglienza, di stimolo agli inserimenti lavorativi.
Peraltro San Paolino ci direbbe che a Dio stanno a cuore non solo le relazioni verso le singole persone che si trovano in difficoltà, ma anche e particolarmente le relazioni che hanno per oggetto la famiglia. Parliamo della famiglia in senso proprio, così come riconosciuta e garantita anche dalla nostra Costituzione: la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art.29) e cioè sull’unione stabile di un uomo e una donna, finalizzata all’amore reciproco degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli. In questo senso la famiglia, pur nella sua odierna fragilità, è una cellula vitale, fondamentale e insostituibile della società: è potente fattore di coesione e di sviluppo per la stessa società; è il fondamentale luogo dove si apprendono i valori della gratuità, del servizio, della giustizia, della solidarietà; è il primo e più importante ammortizzatore sociale per lenire la sofferenza, assistere e sostenere chi viene a trovarsi in situazione di difficoltà, indigenza, insicurezza. E’ nella famiglia che si acquisiscono dei diritti, ma ci si fa carico di doveri e di responsabilità verso i propri membri e verso la comunità. Diciamolo francamente: non si difende e non si tutela la dignità e l’identità della famiglia quando si prendono iniziative per equiparare in qualche modo ad essa altre forme di convivenza, dove si rivendicano diritti, ma non si assumono doveri e carichi di responsabilità che sono invece propri della famiglia in quanto tale.
La famiglia pertanto deve avere un’attenzione prioritaria e costruttiva nella politica, nei servizi, nel regime fiscale, nelle attività economiche della produzione e dei consumi. Si pensi al grave disagio che la mancanza del riposo festivo sta portando in tante famiglie: l’apertura domenicale ormai illimitata degli esercizi commerciali priva tanti nuclei familiari della possibilità di ritrovarsi uniti, coltivare relazioni affettive meno frettolose, avere del tempo da dedicare al rapporto con Dio e all’impegno solidale e fraterno con chi soffre, è solo e bisognoso di amore.
3. Oltre che parlare di Dio a noi, i santi parlano di noi a Dio. Che cosa dice, allora, il nostro protettore a Dio di noi? Quale condizione umana gli descrive, quale promessa di conversione gli presenta? Penso che Gli dica che siamo in crisi; sì, siamo immersi in una crisi che è anzitutto morale e culturale, prima ancora che economica: crisi di rapporti umani e dei sentimenti dell’anima. Gli dirà che la nostra società, con il prevalere della logica del mercato, del guadagno, dell’interesse di parte, dell’individualismo si trova in grosso travaglio, mettendo a rischio la dignità e la stessa vita di tante persone.
Il nostro patrono voglia riferire al Signore che riconosciamo la nostra precarietà, la nostra fragilità, i nostri limiti e che abbiamo veramente bisogno di Lui, della sua grazia, del suo aiuto. Gli dica che confidiamo nella sua bontà e nella sua misericordia. Gli dica di essere misericordioso anche verso coloro che pensano di non aver bisogno di Lui, ritenendo illusoriamente di riuscire a cavarsela da soli.
Soprattutto San Paolino chieda al Signore per tutti noi, per le nostre famiglie, per le nostre comunità, il dono della fede. Sempre, ma soprattutto in questo Anno della fede indetto dal Papa emerito Benedetto XVI, abbiamo bisogno di questo dono: abbiamo bisogno di ottenerlo, di conservarlo, di riscoprirlo, di accrescerlo, di rafforzarlo, di testimoniarlo. E’ infatti la fede il fondamento della nostra sicura speranza. E’ la fede la luce che illumina e orienta il nostro cammino nella storia. E’ la fede che ci sostiene nelle difficoltà. E’ la fede che suscita e sostiene la carità, la solidarietà, l’impegno verso gli altri. E’ la fede che ci assicura e ci introduce nella vita piena, buona e bella che non ha più fine.
San Paolino, nostro patrono e avvocato, interceda per noi, per questa città, per i paesi del nostro territorio e per i rispettivi amministratori; interceda per la nostra diocesi e per tutta la Chiesa in comunione con il nostro beneamato Papa Francesco, principio visibile e fondamento dell’unità tra tutte le Chiese. Così sia.