Omelia nella Solennità del Patrono San Paolino da Nola (Cattedrale di Senigallia, 4 maggio 2008)

Senigallia, 4 maggio 2008

1. “Missione compiuta”: potremmo dare questo titolo alla solennità liturgica dell’Ascensione che oggi si celebra nella Chiesa, solennità che fa da sfondo alla festa di San Paolino, patrono della nostra Città e Diocesi di Senigallia.
“Missione compiuta”: effettivamente il Signore Gesù è venuto in mezzo a noi, perché mandato dal Padre per rivelare il suo volto, per dirci che Dio è amore e vuole la nostra salvezza, vuole renderci partecipi della sua stessa vita. Gesù di Nazareth ha compiuto questa missione con la sua predicazione, con i suoi gesti di bontà e di misericordia, con la sua morte e risurrezione. A questo punto poteva tornare al Padre, a colui che lo aveva mandato. Ma prima di ascendere al cielo ha voluto affidare ai suoi discepoli, a tutti coloro che avrebbero creduto in lui, il compito di continuare la sua stessa missione. E’ così che è nata la Chiesa, la comunità dei discepoli di Cristo, che in questa particolare fase della storia della salvezza è chiamata a dire e a fare quello che il suo Signore e Maestro ha detto e fatto per la salvezza degli uomini.
Peraltro sapeva bene Gesù che la missione della Chiesa, la nostra missione di cristiani, non sarebbe stata facile (anche la sua non è stata facile), sapeva che avremmo incontrato delle difficoltà, e perciò prima di salire al cielo ha detto: “Non temere, piccolo gregge” (Lc 12,32), ed ha aggiunto “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Sono parole che ben si applicano alla vita di San Paolino e allo stesso tempo costituiscono un forte richiamo a tutti noi.

2. Non temere. Gesù conosce le nostre paure. La paura è la nostra condizione esistenziale: ci accompagna dall’infanzia alla morte. Il bambino ha paura di tante cose, l’adolescente ha paura del rapportarsi con gli altri, l’adulto sperimenta l’angoscia del mondo violento e impazzito. Giovanni Paolo II scriveva nella sua prima enciclica che “l’uomo d’oggi sembra essere sempre minacciato da ciò che produce… I frutti di questa multiforme attività dell’uomo si rivolgono contro l’uomo stesso. Essi sono, infatti, diretti o posono essere diretti contro di lui…L’uomo, pertanto vive sempre di più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti possano diventare mezzi e strumenti di una inimmaginabile autodistruzione” (Redemptor hominis, 15).
Le paure e le ansietà di cui si parla nel brano del Vangelo di Luca sono legate all’ossessione della sicurezza materiale, alla mania di accumulare tesori. L’uomo che non è mai sazio di beni, di ricchezze, di benessere è sempre ansioso: prima è in ansia per procurarsi i beni , poi, quando se li è procurati, è in ansia per conservarli.
L’altra radice di tante paure è la mancanza di fiducia in Dio, il non credere che Dio è veramente Padre o pensare che Dio è lontano, non si interessa delle nostre necessità. Eppure il Signore ha promesso che con il suo Spirito sarà sempre con noi, vicino a noi, fino alla fine del mondo. Se abbiamo paura vuol dire che la nostra fede è debole o assente. Se abbiamo fede, il Signore è capace di liberarci dalla paura.

3. Quando Paolino giunse alla fede cristiana e si fece battezzare, fu in grado di superare la paura di fronte al domani, di fronte all’accrescimento e alla conservazione dei beni materiali. In effetti, nato in una famiglia nobile, aveva ereditato grandi possedimenti; ma in forza della sua fede in Cristo non ebbe paura di rinunciare alle sue ingenti ricchezze per scegliere la vita ascetica e monastica. Il nostro Patrono comprese che il vero tesoro non sono le ricchezze terrene, ma i valori del regno dei cieli impersonati dalla figura di Gesù.
Liberato dalla paura, il nostro Santo ebbe la forza e la capacità di assumere le sue responsabilità nella società civile e nella chiesa. Si fece carico dei doveri familiari, sviluppando un amore tenero, costante, fedele verso la sua consorte. Non si tirò indietro quando gli fu chiesto di mettersi al servizio della Chiesa assumendo prima il servizio di sacerdote e poi quello di vescovo, pastore della chiesa di Nola.

4. Anche a noi il Signore dice di non aver paura, chiede di abbandonare le nostre ansie e angosce.
Se affermiamo la nostra fede in Lui, se siamo uniti a Lui che ha vinto il peccato e la morte, non abbiamo motivo per temere.
Anche noi, con l’aiuto e la grazia di Dio, possiamo liberarci dall’ansia e dalla preoccupazione dell’avere. Il tesoro del cristiano non è il cumulo di beni materiali, dove i ladri possono arrivare o che i tarli possono consumare, ma il Regno di Dio, Dio stesso che è amore e instilla nel nostro cuore la passione per il bene possibile, per il sorriso possibile, per l’amore possibile, per un mondo migliore possibile.
Liberati dalla paura e dall’ansia per il futuro, possiamo allora anche noi assumere le nostre responsabilità nella vita sociale ed ecclesiale.
Siamo tutti invitati ad assumere le nostre responsabilità per quanto riguarda la famiglia, bene fondamentale e insostituibile delle persone, della società e della chiesa. L’invito è rivolto ai giovani, perché non abbiano paura di formare una famiglia, malgrado le obiettive difficoltà e i condizionamenti del tempo presente. L’invito è rivolto ai coniugi e genitori, perché non abbiano paura di trasmettere la vita e non rinuncino ad educare i figli, consapevoli che la questione educativa è oggi la vera emergenza della nostra società a cui nessuno può sottrarsi.
Anche nei confronti della polis, della città, della comunità civile, ciascuno è chiamato ad assumere la propria responsabilità e a contribuire al bene comune. Si tratta di non rinchiudersi nel proprio guscio, ma di interessarsi ai problemi della comunità, partecipando alla sua vita e alle scelte che la riguardano. Vorrei dire ai giovani di non avere paura di assumere un impegno sociale e politico per mettersi al servizio del bene comune. Allo stesso tempo vorrei dire agli amministratori delle città e paesi del nostro territorio diocesano di non aver paura di portare avanti il loro impegno per il bene comune, secondo i criteri della giustizia e della solidarietà, anche se dovessero trovare in questo loro impegno incomprensioni e ingratitudine.
Non temere, piccolo gregge. A tutti i membri della comunità cristiana il Signore rivolge l’invito a coinvolgersi nella missione della Chiesa, ciascuno secondo i doni che ha ricevuto. Non bisogna temere di testimoniare la propria fede, di fare sentire la propria voce, di partecipare nella comunione, nella collaborazione e nella corresponsabilità alla vita della comunità parrocchiale e diocesana.
Non temere: l’invito è rivolto anche a noi, pastori della Chiesa. La Chiesa è il corpo di Cristo, la sposa di Cristo: è Lui che la guida nella storia e la sostiene nelle difficoltà; noi pastori siamo soltanto dei servitori, non siamo né proprietari né salvatori. Qualcuno vorrebbe impedirci di annunciare il Vangelo su temi che hanno attinenza con la coscienza, con la morale personale e sociale. Non dimentichiamo quello che dice la Scrittura: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).

San Paolino non ha avuto paura di assumersi le sue responsabilità come sposo e padre di famiglia, come uomo politico, come pastore della Chiesa. Con la sua intercessione ci aiuti tutti a liberarci dalle nostre paure, a superare l’indifferenza, la timidezza, il rispetto umano. Ci aiuti tutti ad essere, per amore, parte attiva e responsabile della famiglia, della comunità civile e della Chiesa. Così sia.

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