Omelia nella Solennità del Patrono San Paolino da Nola (Cattedrale di Senigallia, 4 maggio 2004)

Senigallia, 4 maggio 2004

1. La solennità di San Paolino è motivo di gioia anzitutto per la nostra comunità cristiana: coinvolge tutti i membri di questa Chiesa locale, i quali ancora una volta sono invitati a contemplare la figura di questo Santo, uno dei più grandi e amati esponenti della patristica cristiana, per cogliere il suo insegnamento e invocare il suo aiuto nel cammino verso il Regno dei cieli.
Ma la festa di San Paolino è motivo di interesse anche per la nostra Città di Senigallia. Infatti, nell’anno 1271 i nostri antenati, su iniziativa del Vescovo Filippo, scelsero precisamente San Paolino da Nola come patrono della Città.
In questo giorno vogliamo nuovamente riflettere sul senso di questo affidamento della Città e della Diocesi di Senigallia alla protezione di San Paolino. Qual è il messaggio che il nostro patrono può offrire oggi alla comunità civile e alla comunità cristiana di Senigallia nella situazione che stiamo vivendo e di fronte ai problemi che dobbiamo affrontare?

2. San Paolino ci insegna anzitutto a tenere vivo e sviluppare il senso di responsabilità. Il nostro Patrono, come il profeta Isaia di cui parlava la prima lettura di questa liturgia, si è sentito chiamato da Dio, interpellato nella sua coscienza. Chiamato a non rinchiudersi in se stesso, a non impostare la sua vita in senso autoreferenziale, ma ad accogliere il progetto di Dio, il quale comporta un compito, una missione, una responsabilità verso gli altri. Ha compreso San Paolino che la vita è vocazione e a questa chiamata anch’egli, come Isaia, ha risposto: “Eccomi, manda me”. Paolino ha potuto pronunciare le stesse parole che abbiamo ripetuto nel ritornello del Salmo responsoriale: “Ecco io vengo, Signore, per fare la tua volontà”. Consapevole di avere una missione da compiere, il nostro Santo non si è rifugiato nel privato, non si è rinchiuso nel guscio comodo e confortevole del suo interesse, ma ha assunto le sue responsabilità nel preciso contesto in cui viveva.

3. In primo luogo Paolino si è fatto carico della responsabilità verso la famiglia. Con Terasia, una pia e nobile ragazza spagnola, non realizzò una convivenza qualsiasi ma formò una famiglia fondata sul matrimonio. Circondò la sua sposa di amore e di rispetto unico e immutato fino alla fine; le fu compagno fedele sempre e particolarmente nei momenti difficili, come in occasione della morte prematura del loro figlioletto.
Questo senso di responsabilità verso la famiglia fondata sul matrimonio costituisce anche per la nostra Città e per la comunità cristiana un richiamo di grande importanza e attualità dal momento che il matrimonio e la famiglia sono beni sociali veramente fondamentali. Come l’esperienza insegna, dalla saldezza e dalla sanità della famiglia fondata sul matrimonio dipendono la saldezza e la sanità di un popolo, dipende in particolare il bene e l’armoniosa crescita dei figli, dei più piccoli e deboli.
Valorizzare la famiglia fondata sul matrimonio significa elaborare provvedimenti ed iniziative che la difendano e la agevolino nel suo ruolo di cellula fondamentale della società. Un modo concreto di aiutare la famiglia è quello di preoccuparsi perché vi sia una casa per tutti.
Anche a Senigallia il problema casa sta diventando sempre più un’emergenza seria. Penso alle famiglie, soprattutto alle giovani coppie di sposi come pure agli immigrati, che non riescono a trovare casa o non la trovano a costi accessibili. Eppure risulta che nel territorio ci sono molti appartamenti vuoti. Il non affittare, senza seri motivi, case vuote a chi ne ha bisogno si configura come una ferita al senso di responsabilità e di solidarietà.

4. Paolino si è sentito chiamato anche ad un impegno di carattere politico, ad un impegno cioè a favore del bene comune. Pure in questo caso non si è tirato indietro di fronte alla responsabilità. Ha accettato l’incarico di Pretore, prefetto di Roma, senatore, console, governatore della Campania. Ha svolto questo servizio non per interesse personale, ma per il bene della collettività, secondo i criteri della giustizia e della carità. Non si è lasciato prendere dalla tentazione del potere; quando si ritirò dai suoi incarichi politici, poté affermare con tutta sincerità di non aver mai macchiato “la toga e la spada”.
E’ questo un insegnamento che conserva tutta la sua attualità e validità. Anche oggi c’è bisogno di cittadini che prendano parte attiva alla vita pubblica, sentendosi corresponsabili della vita della polis. La responsabilità oggi si allarga: dalla città al Paese, all’Unione Europea, che si è accresciuta di nuovi membri, al mondo intero. Si tratta di superare la tentazione dell’astensionismo, della delega in bianco, come pure l’atteggiamento di una critica cieca e corrosiva.
A tutti gli amministratori della cosa pubblica San Paolino ricorda di cercare sempre il bene comune. Si tratta di esercitare il potere propriamente come un servizio rispettoso e promozionale della dignità personale di chi guida e di chi è guidato. Ogni autorità deve avere rispetto per tutti, senza ingiuste preferenze. Peraltro, come in ogni altro campo dell’attività umana, anche in politica vale il principio etico che il fine non giustifica i mezzi. Per raggiungere i giusti obiettivi, a nessuno è lecito adoperare i mezzi che la retta coscienza non può approvare.

5. Un’ultima indicazione ci viene da San Paolino circa il senso di responsabilità da esercitare nella città e nella comunità cristiana: è la responsabilità in riguardo ai poveri, ai deboli, agli indifesi. Paolino, diventato monaco, sacerdote e vescovo, prese alla lettera le parole del Vangelo: “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina: fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Paolino, da ricco che era, si è privato delle sue ricchezze per dare ai poveri la possibilità di un riscatto in vista di una vita veramente umana, ossia secondo la dignità della persona. Dare il superfluo non è soltanto questione di amore, ma anche e in primo luogo dovere di giustizia, in termini sociali è questione di solidarietà.
Giustizia e carità, che si coniugano nella solidarietà, sono i criteri per affrontare il preoccupante squilibrio tra ricchi e poveri che continua ad esistere e ad aggravarsi in un processo di globalizzazione non governata. Questo fenomeno interessa tutta la società e dunque anche la nostra Città.
Come cittadini e come cristiani non possiamo chiudere gli occhi verso chi è meno fortunato. Le politiche sociali meritano la primaria attenzione da parte dell’ente pubblico: ad esse vanno destinate le maggiori risorse. Come comunità ecclesiale non possiamo fare a meno di promuovere l’impegno a favore dei bisognosi, anche sostenendo e sollecitando la collaborazione con le numerose opere e istituzioni che sono nate dalla fede, come la Caritas, diffusa in tutto il territorio diocesano, e l’Opera Pia Mastai Ferretti, la benemerita Istituzione del Beato Pio IX presente nella nostra città.

Che San Paolino, amato Patrono della nostra Città e della nostra Diocesi, interceda per noi. Alla sua protezione affidiamo nuovamente questa Città e la nostra Chiesa particolare: le nostre persone, le nostre famiglie, le nostre realtà e istituzioni locali. Ci aiuti tutti a coltivare e tenere vivo il senso di responsabilità verso la famiglia, verso la comunità, verso i bisognosi per costruire tutti insieme, ciascuno per la sua parte, un mondo più umano e fraterno.