Messa di ringraziamento (31 dicembre 2020)

Spesso nella vita ci troviamo a vivere situazioni dove non possiamo far finta di nulla, continuare a vivere come se niente fosse successo o cercando di dimenticare quanto è successo.

Stiamo celebrando l’Eucaristia a conclusione di un anno e come nelle Messe passate di fine anno anche in questa canteremo il “Te Deum laudamus”, un inno di ringraziamento, di lode, a Dio.

Ci poniamo con coraggio una domanda: dopo quanto è successo nell’anno che stiamo lasciando alle spalle abbiamo ancora motivo per rendere lode al Signore, ce la sentiamo di ringraziarlo, personalmente e come comunità?

Ci poniamo questa domanda da credenti (la fede non rinuncia al alcuna domanda, anche a quelle più imbarazzanti) che non vogliono recitare una parte, compiere un gesto – il nostro grazie al Signore – come se niente fosse accaduto, come se, al pari degli altri anni, gli avvenimenti non avessero subito un significativo mutamento in peggio. Sappiamo bene che quest’anno non è catalogabile nel calendario come un anno “normale”, perché abbiamo patito e continuiamo a patire le conseguenze, per tante persone molto dolorose, della pandemia che ci ha colpito.

Io penso che abbiamo un serio motivo per render grazie al Signore, per cantare anche in questo fine anno il nostro “Te Deum laudamus”, per dirgli al conclusione del canto: «“Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno». Il motivo ci è offerto dalla data del Natale, una data significativa. almeno per due motivi.

Il primo: Natale cade nei giorni conclusivi dell’anno. Noi concludiamo l’anno incontrando il Signore.

Il secondo è rappresentato dalla collocazione della celebrazione della nascita di Gesù il 25 Dicembre.

I vangeli non c’informano sul giorno della nascita di Gesù; la sua collocazione in questo giorno ci rinvia alla festa pagana che celebrava la nascita del nuovo Sole, che avrebbe ridato vita alla natura e luce all’esistenza degli uomini.

Il Figlio di Dio che nasce uomo tra gli uomini è il sole nuovo che fa rinascere la nostra vita, perché la libera dal male, anche da quel male commesso da noi nell’anno che stiamo concludendo, un male (i nostri peccati) che ha contribuito a ferire ancora di più non solo la nostra esistenza, ma anche quella degli altri. Il Figlio di Dio, nato tra gli uomini, non si limita solo a togliere il male dalla nostra vita, a “risanare” il nostro cuore, perché va ben oltre, ci rende partecipi della sua condizione di Figlio amato dal Padre, come scrive l’apostolo Paolo nel testo della lettera ai Galati, proclamato nella seconda lettura: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da una donna, nato sotto la Legge …perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Di questa inedita condizione di figli amati da Dio si fa garante lo Spirito Santo, il quale, scrive sempre S. Paolo ci abilita a rivolgerci a Dio come si rivolge da sempre il Figlio e come quando tra gli uomini lo pregava: “Abbà!Padre!” (cfr Gal 4,6).

Proprio perché garantita dallo Spirito del Figlio la nostra condizione di figli amati, di “eredi per grazia di Dio” (Gal 4,7) non può esserci tolta, sottratta da nessuno e da niente, nemmeno dal Covid 19 con tutto il suo carico di sofferenze e di morti. E’ ancora l’apostolo Paolo ad assicurarci su questo in un passaggio della lettera ai Romani, dove a domande che potevano risultare imbarazzanti («Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?… chi ci separerà dall’amore di Cristo?», Rm 8,31.35) non ha alcuna incertezza nel rispondere che anche nelle situazioni più minacciose per la nostra speranza, come “l’angoscia, la fame, il pericolo, la morte”, noi “siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati” e che niente e nessuno “potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore” (cfr Rm 8,35-39).

La presenza del Figlio di Dio nella nostra storia di questi tempi così travagliati, confermata anche quest’anno dalla celebrazione del suo natale, ci dia la serenità di cantare il nostro “Te Deum” a Dio, il Padre che ci ha donato il Figlio, a Gesù, che ci rende partecipi della sua condizione di Figlio, allo Spirito Santo, garante e difensore nel nostro cuore e nella nostra vita, dell’amore di Dio “riversato da lui nel nostro cuore” (cfr Rm 5,5). E ci consenta di continuare considerare Gesù come “la nostra speranza” e di ritenere, per questo, che non resteremo confusi, smarriti.

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