Il primo giorno dell’anno non è un giorno qualunque, per diverse ragioni. La prima, quella che cogliamo tutti immediatamente, credenti e non credenti, è indicata dal calendario: inizia un anno nuovo, un tempo di cui non ci è dato sapere nulla in anticipo, anche se molti si ostinano a interrogare oroscopi e maghi per conoscere anticipatamente quanto accadrà loro. Riguardo a questo tempo nuovo abbiamo solo il desiderio che sia un tempo buono, sereno. Per questo ci scambiamo gli auguri di un buon anno.
Una seconda ragione è offerta dalla celebrazione della giornata mondiale della pace. il messaggio che Papa Francesco ha steso per questa giornata parla dei “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Tra le persone nelle quali Gesù si identifica nel testo di Matteo 25,31-46, conosciuto come il racconto del giudizio finale, “lo straniero” (“ero straniero e mi avete accolto”) è la persona che di questi tempi risulta più difficile da accogliere, soprattutto se lo straniero è il migrante, che abbandona il proprio paese per cercare da noi un’esistenza migliore. Le reazioni sono ormai note: si va dal rifiuto netto, spesso sommario e un po’ rancoroso, alle riserve dettate dalla paura che la presenza di queste persone tolga risorse a noi o mettano a repentaglio la nostra sicurezza. Queste reazioni le registriamo anche tra persone credenti delle nostre comunità.
E’ possibile non restare prigionieri delle nostre valutazioni sommarie e superare le nostre paure?
Nel suo messaggio, che invito tutti a leggere attentamente, papa Francesco suggerisce di guardare a queste persone con uno “sguardo contemplativo”, nutrito dalla sapienza della fede, «capace di accorgersi che tutti facciamo “parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto di usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale…”».
Questo sguardo consentirà di scoprire che i migranti e rifugiati «non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono».
Infine questo sguardo contemplativo «guiderà il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei “limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso” (…), considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuna di essi».
Per papa Francesco chi è animato da questo sguardo «trasformerà in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati».
La terza ragione che fa del primo giorno dell’anno un giorno particolare è indicata dalla Liturgia: oggi celebriamo Maria, madre di Dio. Proviamo a pensare a questa maternità, a risentire le parole dell’angelo Gabriele («concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande verrà chiamato Figlio dell’Altissimo»): una ragazza, una creatura umana che “genera” Dio, che consente a Dio di assumere pienamente la nostra condizione umana!
Nella seconda parte del racconto evangelico della nascita di Gesù, l’evangelista Luca presenta Maria che “custodisce e medita nel suo cuore” tutte le cose dette dai pastori. Perché Maria custodisce e cerca di comprendere quanto è accaduto? Perché quanto è accaduto va compreso: Maria sa che il bambino che ha partorito è il Figlio di Dio, lo ha partorito in un luogo dove nessuna donna partorisce normalmente i propri figli; vede che questo figlio di Dio ha come culla, una “mangiatoia”, la culla degli agnelli appena nati. Maria ha saputo dall’angelo anche che questo figlio è il discendente di Davide, che “regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà mai fine”; ora lì non è giunto nessun esponente di rilievo del popolo d’Israele; arriveranno solo dei pastori, persone semplici ai margini del popolo d’Israele. Maria cerca di comprendere il significato della nascita del Figlio di Dio in quelle condizioni, consentendo alle parole dell’angelo di illuminare, dire il senso di quello che accaduto.
Maria ci invita a stare di fronte all’anno appena iniziato e di cui non conosciamo nulla anticipatamente, disponibili ad ascoltare la parola del Signore, a lasciare che sia la sua parola a illuminare il nostro cammino, a svelare il senso delle cose, a istruirci su come abitare il tempo che ci sta davanti, che sia questa parola e non quella della nostra paura a impegnarci a cercare soluzioni a situazioni, come quelle dei migranti e rifugiati in cerca di pace, che mostrano, come scrive papa Francesco nel suo messaggio, che il sogno della umanità come famiglia di tutti e la terra come reale “casa comune”, è un sogno realizzabile.