Lettera Pastorale “Prendere il largo” (21 ottobre 2001)

Senigallia, 21 ottobre 2001

Orientamenti programmatici per l’anno pastorale 2001-2002

Fratelli e sorelle della Chiesa di Senigallia,

Il Signore ci fa dono di un altro anno pastorale che abbiamo iniziato con il desiderio di prendere il largo, di puntare in alto. E’ l’invito di Gesù (Lc 5,4), è l’invito che il Santo Padre ha riproposto all’inizio del terzo millennio (NMI 1,15,58). Forse anche noi siamo scoraggiati come i discepoli che non hanno preso nulla nella loro pesca: siamo rattristati perché forse ci aspettavamo che la “Missione del popolo al popolo” determinasse una svolta decisiva nella vita delle nostre comunità; siamo avviliti perché i ragazzi sembrano essere sempre più lontani da Gesù e dalla Chiesa; siamo preoccupati per le tante situazioni di famiglie in crisi o irregolari.
Anche se i nostri sentimenti fossero questi, siamo chiamati a prendere il largo. E prendere il largo vuol dire accettare le sfide della società e non cedere alle “lamentazioni”; vuol dire fidarsi della Parola di Dio credendo nella sua potenza; vuol dire mettere tutta la nostra fiducia in Dio anche se la logica umana ci spingerebbe a scelte diverse.
La tentazione, però, potrebbe essere quella di ripetere in modo un po’ stanco quanto proposto e vissuto fino ad ora, col rischio di non desiderare la santità, di non far brillare il volto di Cristo, di accontentarsi di una vita mediocre. La prima cosa da fare o, meglio, da rispolverare, è allora l’entusiasmo di essere cristiani, la gioia che la Buona Novella suscita nei nostri cuori, il desiderio di essere santi, cioè di far sì che la nostra vita sia immagine di Cristo. Al centro c’è dunque Cristo, la sua Parola, la sua salvezza: tutto il resto è una conseguenza. Il Papa ci dice con forza che prima di tutto viene la santità e la santità orienta anche l’impegno pastorale. Sta a noi concretizzare questa prospettiva.
Alla luce della parola del Santo Padre, degli orientamenti dell’Episcopato italiano e delle indicazioni emerse nel nostro Convegno Pastorale del 13-14 settembre c.a., propongo alla nostra Chiesa locale i seguenti punti programmatici del piano pastorale che guiderà il cammino della Diocesi nel nuovo anno pastorale 2001-2002.

1. RIPARTIRE DA CRISTO

Intraprendere o continuare un cammino di santità vuol dire ripartire da Cristo. Raccomando vivamente di meditare, sia come comunità cristiane, sia singolarmente, la prima parte della lettera apostolica del Papa Novo Millennio Ineunte e del documento dei Vescovi italiani per il primo decennio del terzo millennio Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia: saranno alimento per la nostra vita.
Ci sono poi delle scelte concrete che le nostre comunità sono chiamate a compiere.

* Rendere sempre più centrale la celebrazione eucaristica della domenica. Ci sia in ogni parrocchia un gruppo liturgico che curi proprio la domenica come giorno del Signore, che aiuti i fedeli a vivere in pienezza la celebrazione domenicale ed anche la settimana seguente, magari con delle indicazioni pratiche e dei suggerimenti.

* Fare di ogni comunità un’autentica scuola di preghiera, un luogo dove si può imparare a pregare. La vita della comunità sia scandita dalla preghiera: al centro la celebrazione dell’eucaristia, ma anche la Liturgia delle Ore. La preghiera comunitaria delle Lodi mattutine non dovrebbe mai mancare e si faccia il possibile per pregare anche con i Vespri. Ci sia poi in ogni comunità un momento di preghiera settimanale attorno alla Parola di Dio dove i fedeli possano imparare a pregare.

* Incontrare Cristo anche nei fratelli, mediante il servizio verso i più umili e bisognosi. E’ da riprendere con decisione la proposta che in ogni parrocchia insieme al luogo della liturgia e della catechesi ci sia anche il luogo della carità. Si sviluppi in questo senso un piano organico per la promozione del volontariato, nelle sue varie forme, mettendo insieme le risorse della pastorale della carità, della pastorale dei giovani e di quella vocazionale. In quest’ottica diventa fondamentale la promozione di un laicato maturo per poter servire Cristo nella società civile, senza fughe dal mondo o ripiegamenti sulla vita delle nostre comunità.

2. LA MISSIONE DIOCESANA

La Missione è dimensione essenziale della vita cristiana, perché dall’incontro con Cristo non può che nascere il desiderio di testimoniarlo agli altri. In questi ultimi due anni abbiamo concretizzato la spinta missionaria della comunità con la “Missione del popolo al popolo”: questa scelta dobbiamo ora considerarla come permanente e cioè come una dimensione ordinaria della nostra vita ecclesiale. Può aiutarci ripensare alle motivazioni che ci hanno spinto ad intraprendere la Missione con i due strumenti forti che sono la visita alle famiglie ed i centri di ascolto: l’obiettivo era soprattutto quello di costruire un modo nuovo di essere Chiesa.
L’annuncio esplicito che abbiamo fatto nei due anni scorsi doveva portarci ad essere sempre più Chiesa “estroversa”, a fare in modo che le nostre parrocchie fossero sempre più luoghi accoglienti, pronte ad incrociare ogni persona nella sua vita di ogni giorno. Forse, invece, avevamo nel nostro cuore – e lo abbiamo anche ora – l’aspettativa di aver trovato la “ricetta” giusta per dare una svolta alla vita delle nostre parrocchie con tante persone che ritrovavano la fede diventando cristiani maturi ed impegnati.
La Missione diocesana può aiutare la vita delle nostre comunità a patto che non diventi un altro impegno, ma l’occasione per fare della parrocchia una comunità che vive vicino alla gente, sa interessarsi di loro, offre a tutti un’opportunità per crescere nella fede. Diventa allora importante “stanare” quelle persone che non sono oberate di impegni nella vita della parrocchia e che invece sarebbero disponibili a dei piccoli servizi, come quello di consegnare il Vangelo nelle famiglie e di invitare ai Centri di ascolto.

* I Centri di ascolto del Vangelo devono diventare un luogo di catechesi permanente per gli adulti. Se è vero, come è vero, che ai Centri di ascolto partecipano quasi sempre persone che già hanno una vita sacramentale, è altrettanto vero che queste persone non sono formate in modo adeguato. I Centri di ascolto permettono di far questo e di far maturare nei fedeli uno spirito sempre più missionario.

* In particolare, poi, la visita alle famiglie da parte dei laici è un mezzo per continuare a costruire legami, per rendere la comunità cristiana più vicina alla gente e più visibile nel volto dell’altro. E’ un percorso lento ma che avrà un senso solo all’interno di un’idea, di un progetto più ampio.

A questo riguardo è auspicabile che ogni parrocchia si proponga di formulare un piano pastorale parrocchiale in cui inserire ogni itinerario di fede, includendo la Visita alle famiglie ed i Centri di ascolto del Vangelo, cioè i frutti della Missione popolare permanente. La preparazione alla Visita pastorale si presenta come un’occasione propizia per dare concretezza a questo obiettivo.

3. LE PRIORITA’

Le due priorità che la Chiesa italiana ha indicato per il prossimo decennio – giovani e famiglia – sono naturalmente anche le priorità della nostra Chiesa locale. Gli organismi diocesani che lavorano per la pastorale in questi due ambiti sono chiamati a incrementare i loro sforzi per essere sempre più di sostegno alla vita delle comunità parrocchiali. E’ necessario, peraltro, che ci sia una sempre più stretta collaborazione tra la pastorale dei giovani, della famiglia e della carità.
Suggerisco in particolare:

* per i giovani: che le parrocchie si aprano interiormente e materialmente ai giovani. Interiormente, per eliminare tutti i pregiudizi che ci impediscono di essere significativi e credibili nei confronti del mondo giovanile; materialmente, per riaprire gli oratori e tutti quegli spazi che abbiamo. I “grandi eventi” possono fungere da catalizzatori, ma è nell’attenzione costante che i giovani possono incontrare sul serio Cristo. E’ importante che nelle parrocchie e nelle vicarie nascano, come chiede il Papa, veri e propri “laboratori della fede”: luoghi dove sia possibile fare delle esperienze vive di fede.

* per le famiglie: che nasca e cresca il ministero di coppie che accompagnano altre coppie. Se ci sono tante difficoltà nelle famiglie è perché spesso le famiglie si sentono sole: occorre superare questa spirale di solitudine grazie alla vicinanza tra le famiglie. Sembra necessario promuovere e valorizzare il ministero coniugale, perché le famiglie divengano scuole di preghiera e luoghi di evangelizzazione, soprattutto nella trasmissione della fede ai figli. La pastorale familiare è, infatti, compito proprio delle famiglie: le famiglie sono chiamate a farsi carico della pastorale dei fidanzati, dei nuclei in difficoltà, delle unioni irregolari, dei separati e divorziati, dei minori in situazione di disagio ed emarginazione. Va sostenuta la “Casa famiglia” che abbiamo voluto realizzare come “opera segno” del Giubileo e ugualmente vanno incoraggiate altre famiglie all’accoglienza.
Gli impegni prioritari che un piano pastorale deve evidenziare non possono, però, farci perdere di vista la pastorale ordinaria o altre ricchezze che vivono nella Chiesa. Per questo desidero invitare ad accogliere con gioia e valorizzare tutti i doni che lo Spirito fa alla nostra Chiesa diocesana. Mi riferisco in primo luogo all’Azione Cattolica, che raccomando vivamente in ogni parrocchia, e poi alle forme più recenti di aggregazione ecclesiale (Associazioni, Movimenti, Gruppi); sono realtà che il Papa chiama “una primavera dello Spirito” (NMI 46): possono svolgere un ruolo quanto mai importante per la trasmissione della fede, la formazione e la promozione del laicato. Occorre certo che associazioni e movimenti non si sentano “altro” dalla Chiesa, ma, anzi, pur affermando la loro identità e curando la loro specifica formazione, operino in piena sintonia con la Chiesa locale, si inseriscano nel suo progetto pastorale, mettano a disposizione della diocesi e delle parrocchie la ricchezza dei loro doni.

4. LA VISITA PASTORALE

La mia prima Visita pastorale, annunciata lo scorso Giovedì Santo e ora appena iniziata, è un evento di grazia che si offre alle singole realtà della nostra Chiesa locale, un evento che coinvolgerà significativamente tutta la Diocesi nei prossimi due anni.
La preparazione alla Visita pastorale ed il suo svolgimento possono dare un contributo sostanzioso al continuo rinnovamento che le nostre parrocchie sono chiamate a vivere. Io verrò nelle vostre comunità come Padre e Pastore per ascoltare, per condividere i problemi, per confermare nella fede, per incoraggiare nell’impegno di vita cristiana.
La Visita offrirà l’occasione per verificare la strada percorsa e per progettare il futuro, soprattutto in ordine alla Missione permanente. Uno dei modi per rendere fecondo l’incontro con il Vescovo è certamente quello di una verifica della vita della comunità alla luce degli Orientamenti dell’Episcopato italiano: il confronto sul documento Comunicare la fede in un mondo che cambia può essere di aiuto per scrollarsi di dosso il torpore, per riprendere entusiasmo, per andare avanti con speranza.
E’ certo, peraltro, che la grazia che il Signore vorrà comunicare attraverso la mia Visita produrrà frutto solo se troverà un terreno accogliente: su questo terreno ognuno è chiamato a spendersi.

5. LE STRUTTURE DI PARTECIPAZIONE

Durante quest’anno pastorale si ricostituirà il Consiglio Pastorale Diocesano: è un passo importante per dare impulso e stabilità alla partecipazione dei laici alla vita della Chiesa. Infatti, tanto maggiori saranno gli spazi che si apriranno al laicato nella Chiesa quanto più profondamente essa riscoprirà la sua vocazione missionaria: la partecipazione dei laici a tutte le forme della vita della comunità ecclesiale (dalla celebrazione dell’eucaristia, al servizio della parola, alla missione) diventa la condizione necessaria perché la Chiesa sia pienamente se stessa.
In questa prospettiva la vita di ogni comunità deve vedere la partecipazione attiva e responsabile dei laici non tanto in ordine a questioni pratiche e funzionali, quanto piuttosto per sviluppare la competenza e i doni di cui i laici stessi sono portatori. Sempre più dobbiamo vivere la corresponsabilità che vuol dire crescere insieme nella responsabilità comune e non dividersi praticamente le cose da fare.
La formazione di un laicato maturo passa attraverso gli itinerari di formazione, che purtroppo molte volte mancano o sono molto approssimativi. Su questo cruciale problema richiamo la più viva attenzione di tutte le comunità parrocchiali e di tutte le aggregazioni ecclesiali.
A livello diocesano guardiamo con fiducia al Corso di formazione ai ministeri, che ha visto la luce in quest’anno ed è iniziato con un folto numero di partecipanti: è un segno di speranza perché i laici vivano la loro responsabilità in una Chiesa tutta ministeriale. Preghiamo perché da questo Corso emergano anche vocazioni al Diaconato permanente: è questo un dono e un ministero di grande significato per il rinnovamento della pastorale e per il futuro della nostra Chiesa locale.

Affido questo nostro cammino alla Madonna della Speranza, ai protettori e ai Santi e Beati della nostra Chiesa, perché ci aiutino a prendere il largo sulla parola di Gesù.

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