IV domenica di Avvento (20 dicembre 2020)

Dio, nella sua libertà che non conosce limiti, ha fatto una scelta ben precisa: ha scelto tra gli “umili” i suoi servi “per portare a compimento il disegno di salvezza” (queste le parole della preghiera della Colletta), cioè, la liberazione della creazione “dalla schiavitù  della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (cfr Rm 8,21).

Nella considerazione comune “umili” sono le persone semplici, quelle che non si atteggiano a protagonisti, che non cercano a ogni costo una visibilità pubblica, che non si accreditano come persone autorevoli, per la loro (presunta) sapienza, per il potere di cui dispongono o che ritengono di disporre.

Una di queste persone umili, scelte da Dio era Davide, di cui ci parla la prima lettura della Messa (2Sam 7,1-5.8b-12.4a.16),  il più giovane degli 8 figli del betlemita Iesse, “preso dal pascolo, mentre seguiva il gregge, perché fosse capo del popolo d’Israele” e da Lui accompagnato e sostenuto nel corso della sua travagliata esistenza.

Persona umile era Maria di Nazareth, di cui ci parla il vangelo (Lc 1,26-38). Di lei l’evangelista Luca dice semplicemente che era “promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe”.

Dal racconto di Luca possiamo dedurre che Maria non “puntava” a diventare la madre del Figlio di Dio. Lo confermano il forte turbamento che la assale dopo aver udito il saluto dell’angelo Gabriele («Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te»), la domanda che si fa’ («Si domandava che senso avesse un saluto come questo») e anche le parole del Magnificat (cfr Lc 1,46-5), con le quali Maria si rallegra con il Signore perché “ha guardato all’umiltà della sua serva”.

Persone umili ci riteniamo anche noi, la Chiesa di Dio. Che siamo umili, piccoli, ce lo ricorda la vita di ogni giorno con le sue fatiche, le speranze deluse, le fragilità e le sconfitte. Ce lo sta ricordando con particolare crudezza la situazione che da mesi viviamo (sarebbe più realistico dire che subiamo, patiamo) e che ci induce a una considerazione più realistica, più umile, di noi stessi: ci sentivamo padroni di tutto, del mondo, della creazione, della nostra vita; invece non è così, perché è bastato un microscopico virus per costringerci alle corde.

Il “Dio, grande e misericordioso, però, non cambia la sua decisione, non rivede le sue scelte, perché continua a puntare su di noi nel realizzare quel disegno di cui parla l’apostolo Paolo nella seconda lettura (Rm 16,25-27) che era “rimasto avvolto nel silenzio per secoli eterni” e che è stato reso noto e accessibile a tutti da suo Figlio, di nome Gesù, grazie alla disponibilità di una giovane donna, Maria di Nazareth, che non pensava di diventare la sua madre.

Maria, ha potuto offrire la disponibilità del proprio corpo perché il Figlio di Dio ricevesse una carne umana, la forma umana della vita, perché si è resa disponibile a Dio, che nelle parole dell’angelo le manifestava il suo desiderio e le chiedeva la sua collaborazione (Lc 1,26-38: «Ecco, la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola»).

Oggi, il “Dio grande e misericordioso” chiede a noi – la sua Chiesa – la disponibilità ad acconsentire a Gesù, suo Figlio di portare a compimento il suo disegno di amore e di libertà per la creazione e l’intera umanità.

Anche noi, come Maria, abbiamo motivo per chiederci “come è possibile questo?”, considerata la nostra piccolezza, le tante nostre fragilità, le paure e le chiusure che registriamo nella nostra esistenza. Anche noi, come Maria, che è stata resa madre dallo Spirito Santo («Lo Spirito Santo scenderà su di te… Perciò colui che nascerà sarà santo e chiamato Figli odi Dio», risponde l’angelo Gabriele alla domanda di Maria), siamo messi in condizione di renderci disponibili alla richiesta di Dio, di rendere presente nella storia degli uomini, in questo tempo drammatico della pandemia, dallo Spirito Santo che Gesù risorto dona a noi, suoi amici, perché gli consentiamo di plasmare la nostra esistenza secondo la forma di Gesù, il Figlio di Dio, di assumere cioè come stile di vita, lo stile di Gesù, di vivere le relazioni con il Dio grande e misericordioso con la stessa fiducia filiale di Gesù, di trattarci come fratelli, come ci considera e ci tratta Gesù, solleciti gli uni nei confronti degli altri e ancora di più nei confronti di coloro che si trovano maggiormente in difficoltà nella vita.

Perché questo sia possibile abbiamo avanzato una richiesta, nella preghiera della Colletta, al “Dio grande e misericordioso”: «concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull’esempio di Maria accolga il Verbo della vita».

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