Ingresso di don Paolo Campolucci nella Parrocchia di Brugnetto – 24 settembre 2016

Segnalo una felice coincidenza: nel giorno in cui don Giuseppe inizia il suo servizio di parroco nella comunità di Brugnetto, la liturgia ci propone un testo dell’apostolo Paolo dove si parla dell’ “uomo di Dio”. Il pastore è un “uomo di Dio”, un uomo che opera per conto di Dio, in obbedienza Lui, che rende possibile l’incontro con Dio, in qualche modo lo “rappresenta” al vivo, con la propria persona e la propria azione. In questo testo Paolo presenta i tratti dell’ “uomo di Dio”.

L’invito iniziale: «Evita queste cose». Quali cose vanno evitate da parte dell’ “uomo di Dio”? Appena prima l’Apostolo aveva denunciato l’inganno “di molti desideri insensati e dannosi che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione” e aveva individuato nella “avidità del denaro” la radice di tutti i mali” (cfr 6,9-10). Il vangelo di questa domenica conferma quanto male l’avidità provoca per gli altri, ma anche per chi la asseconda.

L’ “uomo di Dio”, anzitutto, non è una persona avida, in balia dei desideri insensati e dannosi.

I tratti positivi:

Una tensione verso “la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza”. La tensione dice un desiderio che sostiene l’impegno a coltivare gli atteggiamenti che caratterizzano la persona (come la pazienza e la mitezza”) e la vita di un credente (come la pietà, la fede, la carità).

L’ “uomo di Dio”

Tre sollecitazioni:

  • la pratica militante della fede. L’immagine della battaglia ci ricorda che il cammino della fede non è un cammino facile, scontato, perché può conoscere momenti impegnativi, situazioni che chiedono fermezza, decisione, capacità di resistenza, coraggio e sapienza.
  • La tensione verso “la vita eterna”, cui è destinato (“alla quale sei stato chiamato”). La vita eterna è la vita di coloro che risorgono con e come Gesù; è la destinazione della nostra vita.
  • La custodia del “comandamento”, fino alla “manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo”, “il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile”. Il comandamento da custodire è quello che Gesù ha dato ai suoi amici: amarsi a vicenda come lui li ha amati.

Dal testo paolino emerge che l’ “uomo di Dio” è una persona di fede, che vive di fede e che professa la fede. Un pastore non solo vive di fede, ma anche si fa carico della fede delle persone che gli sono affidate, è il custode e il promotore della loro fede. Sarà fedele a questo compito nella misura in cui avrà cura della propria fede.

L’ “uomo di Dio” è una persona di carità, animata dalla carità. Il pastore nel suo ministero si lascia guidare dalla “carità pastorale”, modellata sulla carità di Gesù, il pastore buono che conosce le sue pecore, le chiama per nome, le difende, impegna la propria vita per loro.

L’ “uomo di Dio” è una persona paziente e mite, che affronta la vita con la forza della pazienza, perché ha fiducia nel Signore, negli altri; è una persona che tratta gli altri con la delicatezza della mitezza, imparando da Gesù, il quale ha detto di sé di essere “mite” e lo ha dimostrato con la sua vita, con il suo modo di trattare le persone.

L’augurio che, anche a nome vostro rivolgo a don Paolo, è che sia un “uomo di Dio”, così come ce ne parla l’Apostolo Paolo, sia nella comunità di Brugnetto, e nell’unità pastorale “Cinque pani e due pesci” un pastore secondo il cuore mite e paziente di Gesù, un pastore che come Gesù si prende a cuore le sue pecore, le ama e le guida nel cammino della fede. Non ci limitiamo all’augurio, perché lo accompagniamo con la preghiera al Pastore buono e con la disponibilità di tutti a una collaborazione generosa.