III domenica Tempo Ordinario (21 gennaio 2024)

Nella preghiera della Colletta abbiamo chiesto a Dio di “donarci la grazia di una continua conversione, per accogliere, in un mondo che passa, il Vangelo della vita che non tramonta”. La richiesta ci orienta nella comprensione dei testi della parola di Dio proclamati nella celebrazione.

Nel testo del profeta Giona (3,1-5.10) il “mondo che passa” sono i 40 giorni concessi da Dio, tramite il Giona, agli abitanti di Ninive per “convertirsi dalla loro condotta malvagia”. Nel testo della prima lettera ai Corinti (1Cor 7,29-31) il “mondo che passa” è per l’apostolo Paolo “il tempo che si è fatto breve”. Nel vangelo di Marco (1,14-20) il “mondo che passa” è il “tempo compiuto” di cui parla Gesù all’inizio del suo ministero.

Nei tre testi della Parola di Dio, annunciata nella terza domenica del tempo liturgico ordinario, troviamo il riferimento al tempo. Il mondo e il tempo rappresentano per gli uomini l’orizzonte in cui scorre la vita, nel quale ci si sposa, si mettono al mondo i figli, si piange, si gioisce, si lavora, ci si fanno affari e si usano i beni che il mondo mette a disposizione; un orizzonte limitato,  “che si fa breve”, che “passa”, dal quale a un certo punto ci si commiata; un orizzonte fatto di attese, di speranze, di delusioni, di sconfitte, di obiettivi raggiunti.

Il vangelo ci dice che Gesù arriva, viene nel mondo e nel tempo degli uomini, portando “il vangelo di Dio”, la buona/bella notizia che Dio, suo Padre si occupa di noi, si fa vicino a noi, per liberare la nostra vita dalla presa del male che la mortifica fino a spegnerla, a distruggerla, con la morte.

Gesù, annuncia che con la sua presenza nel mondo e nel tempo, il tempo degli uomini (un tempo sempre segnato dall’attesa di un compimento di quanto c’è nel loro cuore, di qualcuno che dia risposta alle loro speranze) “è compiuto” perché non è più abitato solo dagli uomini, ma anche da lui e che la sua è un presenza che dà speranza perché liberante (dopo questo annuncio e la chiamata dei discepoli, l’evangelista Marco racconta che Gesù guarirà molti malati e ingaggerà un aspro scontro con i demoni [gli spiriti impuri] da cui uscirà vincitore). Per questa ragione Gesù invita i suoi uditori a dare credito a questa sua bella notizia (“credete al vangelo”).

Gesù non annuncia che il tempo dell’attesa degli uomini è concluso, ma compiuto. Il mondo, e il tempo degli uomini restano un mondo e un tempo in cui ci si continua a sposare, a soffrire e a gioire, ad acquistare e a usare i beni, ma dentro un orizzonte nuovo, diverso da quello del “mondo che passa” e del tempo che scorre, che “si fa breve”, perché condiviso con Gesù, il quale ci rivela il senso di quanto compiamo nel mondo, nel tempo della vita, ci indica come non subire il tempo che scorre e che finisce per sottrarci proprio quelle persone con le quali condividiamo il tempo che scorre della vita, quei beni ai quali chiediamo di darci serenità e sicurezza. Con Gesù vicino la vita non è più la stessa. Se piango scopro che qualcuno mi consolerà, se gioisco, scopro che le gioie nel tempo che “si è fatto breve”, sono precarie, ma anche anticipatrici di quella gioia che niente e nessuno mi potrà sottrarre, perché preparata da Gesù per i suoi amici. Anche le nostre relazioni, delle quali quella sponsale rappresenta la forma paradigmatica, non si perderanno, travolte dal tempo.

E’ alla luce dell’invito di Gesù ad avere fede che va letto l’invito dell’apostolo Paolo ascoltato nella seconda lettura: Paolo non ci sollecita a fingere, ma a vivere le nostre relazioni, le situazioni dell’esistenza, a trafficare, a utilizzare i beni, non restando prigionieri del limitato orizzonte del “mondo che passa”, del nostro tempo che si abbrevia inesorabilmente, a rinunciare alla pretesa di essere noi coloro che sanno dare senso compiuto all’esistenza con tutto quello che la abita, la riempie, a dare credito a Gesù, a lasciarci istruire da lui sul senso della vita nel mondo, delle relazioni che vi viviamo e dei beni che tentiamo di procurarci.

Per questo abbiamo chiesto a Dio Padre, nella preghiera della Colletta, “la grazia (il dono) di una continua (permanente) conversione” che ci consenta di “accogliere in “un mondo che passa” e nel “tempo che si è fatto breve”, il Vangelo della vita che non tramonta (la presenza di Gesù)”. Una presenza che non viene mai meno e che nessuno ci può togliere.

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