«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano la terra tenebrosa una luce rifulse». Questo il lieto annuncio proclamato ogni anno dalla liturgia del Natale.

La grande luce annunciata dal profeta Isaia troverà una conferma nel racconto della nascita di Gesù, il Figlio di Dio, quando l’evangelista Luca, dopo aver detto del parto di Maria («diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoria, perché per loro non c’era posto nell’alloggio») e aver segnalato che un angelo del Signore si presentò ai pastori che di notte vegliavano il gregge, aggiunge «la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2,6-9).

A ben guardare, molto prima del 25 dicembre molte e sfavillanti luci sono comparse per le vie e le piazze della nostra città e dei nostri borghi, luci che s’impongono per la loro vivacità e bellezza, che rallegrano il cuore, soprattutto di questi tempi nei quali ci sentiamo come un popolo che cammina nelle tenebre di una situazione carica di sofferenza e di tante paure.

La grande luce di cui parla il profeta, la luce che avvolge i pastori impauriti e le molte luci tra le nostre case, se messe a confronto, rivelano delle differenze per l’impatto che possono avere sulla nostra vita.

A giustificare le tante luci è una data del calendario – il 25 di Dicembre – che conserva il titolo di “giorno di Natale”, anche se per molti il riferimento alla nascita del Figlio di Dio tra gli uomini è ormai fragile, se non del tutto assente. Trascorso il periodo natalizio quelle luci non hanno più motivo di restare accese, di illuminare la nostra città e i nostri borghi. Per questo vengono rimosse e collocate nei magazzini, da cui usciranno per il prossimo 25 di Dicembre.

La “grande luce” di cui parla la liturgia del Natale è collegata a una persona (il profeta Isaia nel suo scritto parla di un bambino che “è nato per noi” e l’evangelista Luca di “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”), non a una data, a una persona che appare singolare, per la sua identità – è il Figlio di Dio – e per quello che rappresenta per la storia umana e per ciascuno di noi (per Isaia “Principe della pace”, per l’angelo annunciatore il “Salvatore”).

Questa luce, a differenza delle altre luci, non sarà rimossa al termine delle festività natalizie, ma resta per tutti gli altri giorni dell’anno, come luce che ci consente di camminare anche tra le tenebre di una storia universale e personale, in questi tempi particolarmente fitte e inquietanti.

Certo, dipenderà da noi non lasciar brillare invano questa luce, non lasciar cadere nel vuoto il lieto annuncio risonato nella liturgia natalizia.

Senza togliere nulla alla bellezza delle tante luci allestite da noi e alla serenità che contribuiscono ad alimentare, almeno nei giorni in cui addobbano i nostri centri, penso che quell’altra luce, quella legata alla presenza tra di noi di Gesù, il Figlio di Dio, alla sua offerta di una prossimità che mantiene aperta la nostra vita alla speranza, anche e soprattutto in questi tempi, dove è diventato arduo coltivare speranze affidabili, meriti un maggiore apprezzamento e la decisione di consentirle l’accesso in ogni giorno della nostra vita.

Il mio augurio è che tutti ci lasciamo raggiungere dalla luce che rifulge nelle tenebre, quella che il Figlio di Dio, che Maria “ha dato alla luce, ha avvolto in fasce e ha deposto in una mangiatoria” e le consentiamo di illuminare il nostro cammino, perché non ci sentiamo prigionieri delle tante tenebre che impediscono ai nostri occhi d’individuare e percorrere il cammino di un’esistenza bella, buona e felice.

+Franco

Gli auguri di Natale 2020 del Vescovo della Diocesi di Senigallia Franco Manenti.
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