«Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte? La sentinella risponde: “Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!» (Is 21,11-12).
La domanda, rivolta due volte alla sentinella, tradisce l’attesa intensa della luce del giorno, ma dice anche l’impossibilità di conoscere quando questa luce apparirà, perché le tenebre non consentono di comprendere né di calcolare quando giungerà la luce liberatrice.
La sentinella, probabilmente il profeta stesso, sembra non avere una risposta soddisfacente, perché inizialmente rimanda al ciclo dell’inesorabile ritorno della notte. Tuttavia invita a domandare di nuovo, nell’attesa di ricevere una risposta rassicurante da parte del Signore.
Accade nei giorni della nostra vita che la notte, della crisi economica, della fatica delle relazioni, delle tante stanchezze e delusioni, dei problemi che si rincorrono, delle paure che ci opprimono, appaia ai nostri occhi interminabile, capace di metterci paura, di rendere incerti i nostri passi, di spegnere la speranza.
Accade anche di domandarci e domandare quanto deve durare l’assedio della notte al nostro cuore e l’oscuramento del nostro cammino. Accade infine che le risposte alla nostra richiesta siano molto simili all’iniziale risposta della sentinella: non ci si deve fare troppe illusioni, perché la luce del giorno lascia sempre il posto alle tenebre della notte e perché la luce del giorno sembra sempre troppo breve per le nostre attese.
La sentinella però ci suggerisce di non smettere di domandare, di non rassegnarsi troppo in fretta alla presenza delle tenebre, di stare pronti a raccogliere la risposta che attendiamo.
Nella liturgia del Natale il profeta Isaia ci dirà che: «il popolo che camminava nella tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse… perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,1.5). L’evangelista Luca poi ci informerà che alcuni pastori, mentre facevano la guardia al loro gregge nella notte, sono “avvolti di luce” ed è loro “annunciata la grande gioia”, per loro e per tutto il popolo, della nascita di un Salvatore – “Cristo Signore”– e che questo Salvatore era un bambino, nato proprio durante quella notte, “avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Potrebbe essere questa la risposta alla nostra insistente domanda: “quanto resta della notte (della nostra fatica, delle nostre attese, delle nostre delusioni, delle nostre paure…)?”. A patto che anche noi come i pastori ci lasciamo raggiungere dalla “buona notizia” di questa nascita e che non indugiamo ad ascoltare le nostre paure, ma decidiamo di andare a vedere questo “bambino che è nato per noi” e che non appartiene a un passato da ricordare con nostalgia, perché si è reso presente per sempre nella storia degli uomini.
L’augurio che rivolgo a tutti è che ritroviamo in questo bambino che è nato per noi quella luce che dissipa le tenebre della notte, non per il breve spazio di una giornata, ma per il tempo della intera esistenza. Con il desiderio che l’augurio raggiunga soprattutto tutte quelle persone che si sentono avvolte dalle tante tenebre della notte e che temono che la luce del giorno non riesca a dissiparle o, addirittura, non attendono più alcuna luce.