XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (12 Ottobre 2025)

“La tua fede ti ha salvato” (cfr vangelo, Lc 17,11-19). Gesù riconosce che a guarire quel lebbroso “straniero” – un Samaritano – è stata la sua fede, la sua fiducia, nei suoi confronti e nei confronti di Dio.

Nei confronti di  Gesù. Il Samaritano, con gli altri nove compagni si sventura, va da Gesù, per chiedere un suo intervento e quando il Maestro li invita a presentarsi ai sacerdoti, lui dà credito a quella parola, cioè riconosce che la parola detta da Gesù è in grado di rispondere alla loro richiesta, capace di restituirgli la salute; non resta deluso perché Gesù non compie nessun gesto di guarigione sul suo corpo.

Nei confronti di Dio. Il lebbroso guarito riconosce nell’intervento di Gesù l’azione di Dio. Per questo interrompe il suo viaggio e torna da Gesù, per ringraziare lui e lodare Dio. Quest’uomo, che sta vivendo una situazione di una morte anticipata, dalla segregazione cui è costretto per la pericolosità della sua malattia, che non ha più futuro, riconosce, aiutato dalla parola di quel maestro cui si era rivolto, quale ultima possibilità di scampare a una morte ormai dichiarata, che Dio è all’opera a sua favore, che gli restituisce la vita che la malattia gli stava rubando.

Il messaggio che proviene da questo episodio: la fede in Gesù salva la mia vita, la libera dal male che la mortifica. Si tratta di una fede che si fa ascolto della parola di Gesù, un ascolto alimentato dalla fiducia, dal riconoscimento che quella di Gesù non è come le nostre parole, spesso incapaci di dare speranza, perché fragili, impotenti, ma è una parola “potente”, forte.

Di questa “forza” della parola di Dio è convinto anche l’apostolo Paolo (cfr 2a lettura, 2Tm 2,8-13), il quale, in catene per il vangelo di Gesù, dichiara con decisione che “la parola di Dio non è incatenata!”, non si può mettere a tacere, impedirle di operare.

Inoltre, la fede che riconosce l’azione di Dio, nelle situazioni più “di-sperate”, dove la speranza di una soluzione positiva, rassicurante, appare insostenibile, la riconosce con stupore e gratitudine, tanto da parlare il linguaggio della lode, del rendimento di grazie.

Il lebbroso guarito ci invita a coltivare una fede di questo tipo, che si alimenta alla frequentazione della parola del Vangelo, che dà fiducia a questa parola, che sa cogliere l’azione di Dio, non solo quando la vita si fa apprezzare per quello che di buono offre, ma anche quando deve sostenere l’aggressione del male e sembra non più in grado di reggere l’urto di tale aggressione.

Ci suggerisce inoltre di “tornare”, proprio in questo giorno nel quale celebriamo la Pasqua di Gesù, a rendere gloria a Dio, a lodarlo, per il dono della fede.