Messa Crismale (17 Aprile 2025)

Quando Gesù nella Sinagoga di Nazareth, di sabato, durante il culto sinagogale (cfr vangelo, Lc 4,16-21), leggendo il testo del profeta Isaia (61,18-19), accenna all’ “anno di grazia del Signore”, i presenti pensano all’anno giubilare di cui parla il libro del Levitico (25,8-54), durante il quale venivano condonati i debiti di coloro che si erano impoveriti e ripristinata  la libertà di coloro che l’avevano persa.

Il brano di Isaia che Gesù ha l’incarico di leggere illustra il senso del suo ministero: ridare speranza a chi per tante situazioni – povertà, malattie, perdita della libertà – l’aveva persa, non era più in grado di ricuperarla.

Con il suo brevissimo commento («Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato») Gesù rivela che è lui la persona, di cui parla il testo di Isaia, destinataria dello “Spirito del Signore”, della “consacrazione con l’unzione” e del mandato di inaugurare l’anno giubilare, portando l’attesa e definitiva liberazione.

Nella sinagoga di Nazareth Gesù proclama un anno giubilare, che secondo lui è un anno di grazia e un tempo di liberazione.

Oggi, siamo noi, vescovo e presbiterio della Chiesa di Senigallia, gli uditori di quel testo del profeta Isaia, siamo noi quei “poveri” di cui parla Isaia e ai quali Gesù si rivolge per assicurarci che anche per noi, oggi, lui compie quella profezia, anche a noi, oggi, restituisce la speranza di una vita liberata dal male che in tanti modi la avvilisce. Restituisce la speranza proprio nell’Anno giubilare che papa Francesco si augura possa «essere per tutti occasione dio rianimare la speranza» (Spes non confundit,1), non una speranza fra le tante, spesso smentite da quanto accade nella vita, nel nostro ministero vita e nella storia di oggi, ma quella speranza che «non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino…, Rm 8,35-39» (Ib, 3).

Come accogliere questa promessa? La domanda è seria, perché anche noi possiamo correre il rischio di reagire alla parola di Gesù come hanno reagito le persone presenti quel sabato, nella Sinagoga di Nazareth, le quali, in fretta hanno abbandonato l’iniziale meraviglia che il commento di Gesù aveva suscitato, per lasciare il posto a una domanda che tradiva il loro scetticismo («Non è costui (solo) il figlio di Giuseppe») e alla richiesta di rifare anche a casa sua quanto aveva fatto altrove («Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria»).

Per noi il rischio potrebbe essere quello di chiedere al Signore rispondere prima di tutto alle nostre attese, di porre rimedio a situazioni che mettono alla prova la nostra vita, a un ministero che spesso avvertiamo affaticato, deludente, perché appare negativo il saldo tra il nostro desiderio e impegno di essere testimoni del suoi vangelo, oggi, e quanto constatiamo nella vita delle persone, spesso anche di quelle che ci stimano.

Non correremo questo rischio se daremo ascolto alla parola di Gesù, detta un giorno nella sinagoga del suo villaggio e che ripete ancora nell’oggi della nostra esistenza e nel nostro ministero, nell’esistenza delle persone delle nostre comunità e nelle drammatiche vicende di questi tempi. Se permetteremo a quella parola di essere la ragione e il fondamento di un ministero che non si lascia deprimere dalle indifferenza e chiusure che può incontrare, dalla fatica a individuare i percorsi più adeguati alla testimonianza del vangelo di Gesù, “speranza” non solo per noi, ma per tutti, alla trasmissione di una fede che fa si apprezzare perché  sa indicare il “principio” e “compimento” della vita umana.

Mentre vi esprimo la riconoscenza mia e della nostra Chiesa di Senigallia, per il vostro generoso ministero, chiedo al Signore Gesù che nelle promesse che tra poco rinnoveremo confermiamo con serenità la nostra decisione di “essere testimoni nel mondo (oggi, in questo mondo) della sua opera di salvezza”, noi che dal giorno della nostra ordinazione “siamo partecipi della sua consacrazione” (come abbiamo chiesto nella preghiera della Colletta).