Nella preghiera della Colletta abbiamo chiesto al «Dio onnipotente ed eterno che ha innalzato alla gloria del cielo in corpo ed anima l’immacolata Vergine Maria» di fare in modo che noi «viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria (quella di Maria assunta “alla gloria del cielo in corpo ed anima”). La richiesta ci ben comprendere la definizione che papa Francesco, indicendo l’Anno giubilare, ha dato di noi, “pellegrini di speranza”; non delle tante speranze che abitano la nostra esistenza, molte delle quali spesso soccombono di fronte alle prove della vita in corso e che tutte risultano sconfitte dalla morte che chiude tragicamente la nostra esistenza sulla terra. Si tratta, invece, della “speranza che non delude e che non illude”, come puntualizza il Papa, della quale parla l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani, chiarando anche le ragioni che la rendono tale: «La speranza poi non delude, perché l’amore Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » (Rm 5,5). In un’altra lettera Paolo identificherà questa speranza in Cristo Gesù, “nostra speranza” (1Tm 1,1).
L’Apostolo documenta nella seconda Lettura della Messa (1Cor 15,20-27a) perché Gesù Cristo è la nostra speranza, perché per mezzo di lui, grazie a lui, «verrà la risurrezione dei morti», perché «in lui tutti riceveranno la vita», perché «lui annienterà definitivamente la morte».
L’odierna solennità liturgica ci ricorda che la prima creatura a beneficiare di questa schiacciante vittoria di Cristo sulla morte è stata Maria di Nazareth, colei, che lo ha portato in grembo, lo ha dato alla luce e lo ha cresciuto, con Giuseppe.
Maria, la madre del Figlio di Dio, beneficia della vittoria del Figlio sulla morte in modo singolare, perché non patisce la corruzione del corpo provocata dalla morte ed è “innalzata alla gloria del cielo” (la vita risorta del Figlio, non più aggredibile dal minaccioso “drago rosso” di cui parla la prima Lettura della celebrazione, Ap 11,19a; 12,1-6a) “in corpo e anima”.
Maria, assunta in cielo, ci ricorda che anche noi un giorno “in Cristo riceveremo la vita”, staremo per sempre con lei, con suo Figlio, Il Padre e lo Spirito Santo, perché Cristo ha sconfitto anche per noi definitivamente il male e chi lo provoca – il Maligno, inducendo le persone a compierlo -, quel male che anticipa gli effetti devastanti della morte.
Maria ci mostra, infine, come vivere da “pellegrini di speranza” il tempo della vita sulla terra. Nel brano del Vangelo appena proclamato (Lc 1,39-56) Maria porta subito ad altri il Figlio di Dio che da pochi giorni porta in grembo, “speranza che non delude e non illude”. Questa speranza Maria non la tiene esclusivamente per sé, la condivide, la offre all’anziana cugina Elisabetta, che aspetta un figlio a lungo desiderato. La Madre del Figlio di Dio ci sollecita a essere portatori della “speranza che non delude “nei luoghi della nostra esistenza, nelle tragiche emergenze della vita della persone, della storia di questi giorni, facendoci vicino a chi è in difficoltà nella vita, a chi non può contare su una speranza all’altezza delle sfide dell’esistenza.
Con la sua lode al Signore nel Magnificat Maria ci assicura che anche nella storia di questi tempi, dove sembrano agire indisturbati i superbi, i potenti e i ricchi che in tanti modi umiliano l’esistenza delle persone, Dio non è assente, perché continua ad “operare grandi cose” a nostro favore, in modo particolare a favore degli umili, dei miti, dei poveri.



