Una nota giornalista televisiva alla domanda perché lei e il suo compagno di vita, dato il buon stato della loro relazione, non si sposavano, rispose che non ne avvertivano il bisogno. La risposta della giornalista spiega anche l’abbandono della pratica della fede da parte di un crescente numero di persone: la ragione non è costituita dall’ateismo che nega l’esistenza di Dio, ma l’indifferenza nei confronti di Dio. Dio può anche esistere, ma di lui non se ne avverte il bisogno.
L’indifferenza sorprende e addolora se prestiamo un serio ascolto ai testi della parola di Dio appena proclamati. L’apostolo Paolo nella Lettera agli Efesini (1,3-6) parla di “un disegno d’amore della volontà di Dio” riguardo a noi, scelti da Dio, ancor “prima della creazione del mondo” per essere amati da Lui come suoi figli, al pari del Figlio amato, Gesù.
Anche Giovanni, all’inizio del suo vangelo (1,1-18), parla della possibilità che ci è data da Gesù di “diventare figli di Dio”. Perché questo accada, perché Dio Padre possa dare seguito al suo disegno di amore che porta nel cuore ancor prima di dare vita all’universo, la “Parola di Dio” (il Verbo) “si è fatta carne” e ha posto la sua tenda tra le nostre abitazioni (“venne ad abitare in mezzo a noi”).
Giovanni rivela che “in lui (nel Verbo) era la vita e la vita era la luce degli uomini”; aggiunge, però, quasi presagendo l’indifferenza di questi tempi, che il mondo (gli uomini e le donne che vivono nel mondo) che è stato fatto per mezzo di lui, “non lo ha riconosciuto”; addirittura che “venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.
Si può rimanere indifferenti a quanto Dio, Creatore e Padre, desidera per noi, al suo amore che promuove la vita, a Gesù, che si presenta noi come la vita che offre luce alle nostre esistenze, a un mondo che di questi tempi, resta avvolto nelle tenere della violenza, della sopraffazione, dell’ingiustizia? Quali le ragioni di questa indifferenza? Verrebbe da pensare che tante persone non conoscono quello che perdono, o che restano prigioniere del drammatico fraintendimento che affligge fin dagli inizi la storia degli uomini, riguardo all’intenzione di Dio nei nostri confronti, tutt’altro che benevola, perché interessata più alla difesa del proprio potere che alla promozione della nostra libertà.
La dolorosa constatazione dell’indifferenza di tante persone, magari anche di qualche nostro familiare, può indurci da un lato ad apprezzare il dono della fede, accolto liberamente da parte nostra e coltivato come bene prezioso, speranza, per la nostra vita nel mondo e per il nostro futuro. Apprezzamento che ha condotto l’apostolo Paolo di chiedere a Dio per i cristiani di Efeso che “dia loro uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del loro cuore per far loro comprendere a quale speranza li ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”; che ha suggerito la nostra preghiera, prima della proclamazione della Parola di Dio: «O Dio, nostro Padre, che nel Verbo venuto ad abitare in mezzo a noi riveli al mondo la tua gloria, illumina gli occhi del nostro cuore, perché credendo nel tuo Figlio unigenito, gustiamo la gioia di essere tuoi figli».
Una “illuminazione del cuore” di cui non vogliamo essere gli esclusivi beneficiari, ma che desideriamo che raggiunga anche la tante persone “indifferenti”, che dichiarano, più o meno consapevolmente di non avvertire il bisogno dell’offerta di Dio, da parte di Gesù.