“Cristo nostra speranza è risorto”. L’espressione è proposta dalla Sequenza di Pasqua che riporta un (possibile) dialogo tra l’assemblea dei credenti, raccolti per celebrare la Pasqua di Gesù Cristo e Maria Maddalena.
La dinamica del dialogo nella Sequenza: la richiesta dell’Assemblea («Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?»), il racconto di Maria: il riferimento alla tomba (“la tomba di Cristo vivente, il sudario e le vesti”), la testimonianza degli angeli (“e gli angeli suoi testimoni”), la lettura di quanto è accaduto (“la gloria del Signore risorto”) e l’impatto con la sua esistenza (“Cristo mia speranza è risorto”).
La conclusione a cui giunge l’assemblea liturgica, grazie alla testimonianza di Maria Maddalena: «Siamo certi che Cristo è veramente risorto. Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi».
Noi condividiamo con Maria di Magdala che Gesù risorto rappresenta la nostra speranza.
Maria di Magdala non giunge subito alla conclusione che Gesù è risorto. Il vangelo appena proclamato (Gv 20,1-9) ci dice che Maria di Magdala, dopo aver trovato vuoto il sepolcro di Gesù, dove si era recata “di buon mattino, quando era ancora buio”, dice al Simon Pietro e all’ “altro discepolo che il corpo del Signore è stato trafugato e nascosto in un luogo sconosciuto (“hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno posto!”). Dai racconti dei vangeli veniamo informati che non solo Maria di Magdala, ma anche le altre donne che con lei vanno al sepolcro con i profumi per completare la sepoltura di Gesù, non trovandovi il corpo di Gesù “si domandavano che senso avesse tuto questo” (Lc 24,4); gli Undici discepoli ritendono le parole delle donne che nel frattempo erano sta informate da due uomini con vesti sfolgoranti che Gesù era risorto, “come un vaneggiamento e non credono ad esse”.
Sarà Gesù stesso che si mostrerà risorto alle donne, a Maria di Magdala, ai suoi discepoli, sottraendoli alla tristezza, all’amara conclusione di una speranza delusa, alla paura. Gesù non sarà più cercato come un defunto da onorare, ma riconosciuto come il Signore sul quale si può tornare a contare, quale “speranza affidabile”, speranza che non “illude e non delude” (papa Francesco).
Ci chiediamo con coraggio: Gesù lo riteniamo veramente una speranza affidabile per noi, per la nostra persona, per l’esistenza che stiamo vivendo, per le nostre relazioni, il nostro lavoro, i nostri affetti, i nostri progetti, il nostro futuro, non solo quello più vicino che riguarda il tempo della vita terrena, ma anche quello che ci è prospettato proprio a partire dalla risurrezione di Gesù, come scrive l’apostolo Paolo ai cristiani di Colossi: «la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, verrà, si sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria» (Col. 3,4)?
La domanda è seria perché la posta in gioco è la nostra vita, è la decisione se condurre l’esistenza investendo solo sulle “cose della terra”, le cose di cui ci occupiamo e preoccupiamo ogni giorno, affidando esclusivamente a loro il compito di rappresentare una speranza affidabile per la nostra esistenza, per il nostro desiderio di una vita, pienamente e non solo in parte, compiuta o se riconoscere in quel Gesù che ha dato la sua vita per noi, che è risorto, ha vinto la morte con tuto il suo carico di male (violenza, menzogna, ingiustizia, chiusura in se stessi, prevaricazione sugli altri…) la garanzia della speranza che non illude e non delude.
Se siamo in difficoltà a riconoscerlo chiediamo allo Spirito Santo, primo dono del Risorto ai discepoli di sciogliere i dubbi, liberarci dalle paure, smascherare l’inganno di alettanti promesse che sono altre rispetto a quelle offerte dal Signore risorto.



