Ascensione (1 Giugno 2025)

E’ consolante sapere – come abbiamo appena riconosciuto nella preghiera della Colletta – che “nel Figlio di Dio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a Dio”  e  che “noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo nostro capo, nella gloria”. E’ consolante perché di questi tempi, per non dire da sempre, la nostra umanità non sta dando buona prova di sé. Lo confermano le cronache quotidiane con gli scenari di guerre e di massacri che sembrano inarrestabili, con le notizie sempre più frequenti di violenze che ormai varcano anche le porte delle case e non risparmiano nessuna età, di corruzioni e frodi sempre più estese, di soprusi e raggiri che avvelenano le relazioni. La nostra umanità non sta dando una buona prova di sé nemmeno riguardo al riconoscimento di una speranza capace di accompagnare e sostenere la vita anche nelle sue fatiche e sconfitte.

La solennità dell’ascensione di Gesù al cielo ci dice che grazie a Lui la nostra umanità, così malmessa e incapace di fronteggiare il male, ha la possibilità di “essere innalzata accanto a Dio”, di trovare in questa prossimità con Dio il proprio riscatto, una condizione di vita piena e di “vivere nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”.

Questo perché Gesù non ci ha lasciati soli con i nostri problemi, con le nostre sconfitte, con le nostre speranze sempre più fragili e deluse, ma, dopo “aver annullato il nostro peccato, mediante il sacrificio di se stesso” (come ci ha ricordato nella seconda Lettura  l’autore della Lettera agli Ebrei), ha inaugurato “una via nuova e vivente”, che ci consente di raggiungerlo “nella gloria”, cioè in quella condizione di vita, accanto a Dio Padre, dove la nostra umanità gode la pienezza della vita, una vita nuova riscattata dalla presa mortale del male.

L’apertura di questa “via nuova e vivente” ci consente di vivere la nostra esistenza nella speranza, grazie cioè a una speranza che non resta in balia degli eventi, delle circostanze, ma che costituisce il fondamento solido, di ogni nostra decisione con le quali diamo forma ogni giorno alla nostra vita.

Come vivere la nostra esistenza sul terra con questa speranza? Anzitutto accogliendo il duplice invito dell’Autore della Lettera agli Ebrei: “ Accostiamoci (a Gesù, nostra speranza) con cuore sincero, nella pienezza della fede… Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso”. Cioè: frequentiamo questa speranza, lasciamola operare intervenire nella nostra vita, rassicurati, dalla fede (quella che Paolo rivela quando scrive al discepolo Timoteo: «So in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato«, 2Tim 1,12), che Gesù è credibile e affidabile nelle sue promesse.

Poi, non avendo timore di chiedere con insistenza al Dio onnipotente e misericordioso, quanto imploriamo a conclusione dell’Eucaristia: “suscita in noi (suscita in me) il desiderio della patria eterna, dove hai innalzato l’uomo accanto a te nella gloria”.