Lectio divina nell’ incontro di preghiera con i giovani che parteciperanno alla prossima Giornata Mondiale della gioventù a Cracovia – Venerdi 12 febbraio 2016, Senigallia chiesa di S. Martino

“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7)

1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Un primo passo nell’ascolto: la comprensione del testo

La beatitudine che parla dei misericordiosi appartiene al brano più ampio delle Beatitudini (5,1-11) che introduce  il primo dei 5 grandi discorsi di Gesù, dove l’evangelista Matteo raccoglie gli insegnamenti di Gesù. Il primo discorso è denominato “Discorso della montagna” (Mt 5-7). La collocazione di questo discorso (dopo l’annuncio del Regno da parte di Gesù e la chiamata alla sua sequela dei primi quattro discepoli) chiarisce il senso delle parole di Gesù. Il discorso della Montagna parla anzitutto della presenza del Regno di Dio in mezzo agli uomini e delinea la figura del discepolo, di chi accoglie il Regno nella sua vita. Ora il Regno che si fa presente in mezzo agli uomini è Gesù stesso.

Le Beatitudini dipingono il ritratto di Gesù e il nostro di discepoli

“Beati i misericordiosi”.

La parola beati, traduce un termine ebraico che letteralmente significa “felicità”, “prosperità”, “auguri a…”, “mi congratulo con te…”. Esprime a un tempo l’elogio fatto a quelle persone che progettano la propria vita in modo sapiente e l’annuncio di una grande felicità che le persone esperimentano quando sono raggiunte dall’azione di Dio. Nel discorso di Gesù la beatitudine è legata all’annuncio del Regno di Dio, della sua presenza a favore degli uomini, che si manifesta nella persona stessa di Gesù e nella sua azione. Dunque Gesù sembra dire: «Mi congratulo con coloro che sono raggiunti dal Regno di Dio, dalla sua azione a loro favore».

I Misericordiosi sono coloro che si lasciano guidare dalla misericordia.

Scrive Papa Francesco nella Misericordiae Vultus: « la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri» (n 9).

Gesù rappresenta la «misericordia incarnata» (Id. 8) di Dio. Scrive Paolo nella Lettera ai Romani: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi». Gesù con la sua vita esprime, dà visibilità alla misericordia di Dio:

  • Mc 6,10: «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose». Gesù non resta indifferente di fronte a chi è in difficoltà, non si comporta come il ricco della parabola che non si fa carico di Lazzaro che mendica un pezzo di pane alla sua porta (cfr Lc 16,19-31)
  • Gv 8,10-11: «Allora Gesù si alzò e le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Gesù, a differenza degli scribi e dei farisei, non chiude definitivamente, con una condanna senza possibilità di riscatto, ma offre alla donna una speranza per vivere, per ricuperare la relazione d’amore.
  • Lc 23,34: «Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”». Gesù interrompe il percorso perverso della violenza (a violenza segue violenza).

Un secondo passo: l’ascolto di quanto il Signore vuole comunicarmi con questo testo

Possiamo esprimere al misericordia, essere uomini e donne di misericordia? Guardando a Gesù, imparando da Lui a

  • Superare l’indifferenza nei confronti delle persone, soprattutto di quelle che sono in difficoltà. Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata della pace, scrive: «L’indifferenza nei confronti del prossimo assume diversi volti. C’è chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione: queste persone conoscono vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non si sentono coinvolte, non vivono la compassione. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a sé stesso. Purtroppo dobbiamo constatare che l’aumento delle informazioni, proprio del nostro tempo, non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da un’apertura delle coscienze in senso solidale. Anzi, esso può comportare una certa saturazione che anestetizza e, in qualche misura, relativizza la gravità dei problemi… In altri casi, l’indifferenza si manifesta come mancanza di attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana. Alcune persone preferiscono non cercare, non informarsi e vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente. Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete».
  • Offrire nuove possibilità di riprendere, di ripartire. Spesso siamo intransigenti nei confronti di chi sbaglia, di chi non corrisponde alle nostre attese, tradisce la nostra fiducia. L’intransigenza ci porta a interrompere relazioni, collaborazioni, l’ascolto. Non si tratta di minimizzare, di far finta che non sia successo nulla (Gesù non minimizza l’adulterio della donna, perché parla chiaramente di peccato e la invita a non commetterlo più), ma di ridare fiducia, di consentire di riprendere il cammino.
  • Coltivare la pratica del perdono, che è resistenza alle tentazione di rispondere al male con il male, alla chiusura con la chiusura, all’indifferenza con l’indifferenza. Il perdono non toglie di mezzo il male, che resta irreversibile, ma ricrea la condizioni per un nuovo inizio, per la ripartenza nelle nostre relazioni. Il perdono non è immediato, richiede un percorso.

Anzitutto domanda una rinuncia, a lasciar campo alla rabbia che si alimenta dentro di noi e che preme per manifestarsi (cfr salmo 37,8: «Rinuncia all’ira e deponi lo sdegno. Non irritarti, ne verrebbe del male»).

Un secondo momento: imparare a guardare all’altro con amore, con lo stesso sguardo di Dio, il quale non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr. Ez 18,23; 33,11); ha compassione per i suoi figli, anche se lo abbandonano (cfr Ger 31,20; Lc 15,1-24); perdona i nostri peccati, anche se fossero come scarlatto e li rende bianchi come neve, riconciliandosi con noi (cfr. Is, 1,18). Questo secondo e risolutivo passaggio non è nelle nostre disponibilità, è solo di Dio, per questo va chiesto come grazia, come dono.

Ci rende capaci di offrire il perdono, la memoria che, prima di essere donatori di perdono siamo dei perdonati: «Chi non ha mai conosciuto il perdono su di sé, difficilmente potrà accordarlo ad altri» (E. Bianchi). Cfr. la parabola del servo spietato in Mt 18,21-35.

Il terzo passo: consentire alla parola del Signore di operare nella mia vita

Cosa devo correggere, ricuperare, in me, nel mio comportamento per diventare sempre di più, sull’esempio di Gesù, una persona misericordiosa?

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