Epifania (6 gennaio 2017)

La solennità dell’Epifania non è un doppione del Natale, ma un’ulteriore chiarificazione del senso della incarnazione e della nascita del Figlio di Dio e delle reazioni che questa nascita suscita.

Dalla liturgia veniamo a sapere che a beneficiare della nascita del Figlio di Dio non è un solo popolo, ma tutte le genti, di ogni epoca, di ogni luogo e di ogni cultura. Lo dicono

  • la Collette della Messa: «O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio…»
  • la profezia di Isaia (60,1-6), che parla delle genti che, da diverse parti, convergono a Gerusalemme, che camminano alla luce di questa città, una città che cominciava a rinascere dalla sue rovine
  • il testo della lettera agli Efesini, dove Paolo rivela che gli è stato fatto conoscere il mistero (il desiderio di Dio): «le genti sono chiamate in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e da essere partecipi della stessa promessa per mezzo del vangelo»
  • il racconto di Matteo dove ritroviamo i Magi che dall’Oriente vanno a Gerusalemme per adorare il re dei Giudei.

Questo Bambino che nasce per tutti divide, però, da subito. Diverse le persone che si dispongono attorno a Gesù e soprattutto diverse le razioni alla notizia della sua nascita: gli abitanti di Gerusalemme, che restano turbati, i capi dei sacerdoti e gli scribi  del popolo, che conoscono le Scritture che indicano il luogo della nascita di Gesù (Betlemme), ma non se ne interessano; Erode, che vede minacciato il proprio potere da questo bambino e quindi tenta di eliminarlo; i Magi, che cercano Gesù con determinazione e vogliono rendergli omaggio.

Questi atteggiamenti, turbamento, indifferenza, paura, riconoscimento gioioso, accompagneranno sempre la vita di Gesù.

  • I capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, pur sapendo del Messia, della sua nascita, non si muovono, non si mettono alla sua ricerca. E’ una notizia quella della nascita del Messia che sembra non interessarli per nulla. La loro reazione, con quella della città di Gerusalemme, di “turbamento”, è superficiale, destinata a passare in fretta. Restano estranei all’avvenimento, che pure li riguarda da vicino. Sanno tutto di quel bambino appena nato, eppure non vanno da lui.
  • Erode, alla notizia della nascita “del re dei Giudei” si preoccupa molto. La figura di questo re, così come emerge dal racconto di Matteo, corrisponde a quanto ci viene detto dalla storia. Per un favore di Roma, Erode era diven­tato “re dei Giudei” (dal 37 al 4 a.C.). Poiché proveniva dalla regione pagana dell’Idumea, a sud della Giudea e favoriva la cul­tura ellenistica, era odiato dai Giudei, nonostante avesse fatto costruire il magnifico tempio di Gerusalemme. Egli difese sempre il suo potere con la forza e la violenza, eliminando gli oppositori e tutti coloro che riteneva pretendenti al suo trono. Per questo uccise anche tre dei suoi figli. Evidentemente per lui era un pericolo la nascita di questo bambino “re dei Giudei”. Da qui la decisione di eliminarlo (cfr Mt 2,13-18), cercando di coinvolgere i Magi nel suo piano.
  • I Magi vengono da lontano, cercano Gesù. Il loro viaggio è guidato da una stella e da una notizia vaga (il bambino cui è riferita la stella è il re dei Giudei). Eppure quella stella, intravista tra i milioni di stelle che popolano il cielo nella notte, li convince a intraprendere un viaggio lungo, rischioso e dall’esito incerto; li gratifica di “una grandissima gioia”. Davanti al bambino “si prostrano”, si gettano per terra in segno di omaggio e di adorazione. Con questo gesto di prostrazione in Oriente si riconosce un superiore (un re ter­reno, Dio stesso), investito di autorità sulla vita di chi è suo suddito. I Magi, persone ricche di sapienza e di conoscenza, si prostrano davanti a un bambino che non dice nulla, che è senza splendore e potenza; non vedono sensibilmente il suo potere e la sua si­gnoria; pieni di fiducia non considerano quel bambino un pericoloso concorrente da eliminare, ma lo riconoscono Signore (l’offerta dei doni), secondo quanto era stato loro manifestato.

Da notare il turbamento di chi sa tutto, come i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, ma non va da Gesù e la grandissima gioia di chi sa poco, come i Magi, ma desidera andare da Gesù , lo cerca con insistenza e con coraggio; la paura di perdere il proprio potere, come Erode e la libertà di chi riconosce in quel bambino un signoria che non è nemica della loro libertà.

Scrive S. Agostino: «Alla fine Erode ne ha paura e i magi lo desiderano: essi bramano di trovare il re ed egli ha paura che il proprio regno abbia termine. Alla fine, entrambi lo cercano: i magi per poter vivere grazie a lui, Erode perché lo vuole uccidere».

Gesù, a sua volta, fa un regalo ai Magi che lo hanno cercato con coraggio e fiducia: “ una grandissima gioia”.

Nella preghiera all’inizio della celebrazione abbiamo chiesto a Dio di “condurre anche noi che già lo conosciamo per la fede”, a contemplare questo bambino che è nato per noi, che rappresenta “la grandezza della sua gloria”.

Noi sappiamo tutto su Gesù: che è il Figlio di Dio, che è nato per noi, che è il Salvatore, che ha dato la sua vita per noi, perché ci vuole bene, ci considera amici e ci vuole felici e buoni… Eppure corriamo il rischio di comportarci

  • come Erode, quando abbiamo paura che ci porti via qualcosa, la nostra libertà. Per questo cerchiamo di toglierlo di mezzo: non ascoltandolo, non seguendolo
  • come i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, quando non andiamo da lui, non gli portiamo in dono la nostra vita, il nostro cuore, restiamo indifferenti al suo amore, all’offerta della sua vita per noi.

I Magi ci invitano a fare come loro, ad andare da Gesù, mossi da desiderio appassionato di conoscerlo sempre meglio, di incontrarlo e di manifestargli tutta la nostra fiducia. Perché anche noi come loro “proviamo una grandissima gioia”, riceviamo in dono da lui quella gioia che resta una risorsa preziosa per la  nostra vita, per questo nuovo anno che sta muovendo i suoi primi passi.

Noi “andiamo da Gesù” quando partecipiamo all’Eucaristia, quando riserviamo tempo a Lui nella preghiera e nell’ascolto della sua parola, quando il suo vangelo educa il nostro cuore e ispira le nostre scelte di vita, quando ci facciamo attenti a chi soffre e a chi ha bisogno di aiuto, quando prendiamo le distanze dal male, di cui possiamo diventare complici in tanti modi.

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